L’odissea di un cittadino italiano raccontata dalla compagna. Una vicenda che lascia aperti tanti interrogativi
Arrestato in una nazione diversa senza un vero e proprio capo d’accusa. Impossibilitato a vedere i familiari e in attesa di essere interrogato da ormai otto mesi. Non si tratta di un film drammatico o di una storia inventata. E’ l’incubo che sta vivendo un cittadino italiano a Dubai. In carcere dal 21 marzo senza una vera e propria motivazione, con il proprio avvocato incapace di redigere una linea difensiva in quanto ancora sprovvisto di un fascicolo, richiesto invano alle autorità. Tutto questo nel silenzio più assoluto.
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E’ la storia che Stefania Giudice, compagna di Andrea Costantino, in carcere ad Abu Dhabi da ormai otto mesi, ha raccontato all’ Adnkronos. A fine Marzo ha assistito con i suoi occhi all’arresto del compagno, che a Dubai passava la maggior parte del suo tempo per lavoro. Da allora è iniziato l’incubo. “Il mio Andrea è un prigioniero politico. Il mio Andrea, il padre della mia bambina, è stato sequestrato, non arrestato. Portato via un giorno di fine marzo, il 21 novembre prossimo saranno otto mesi, e chiuso in una cella del carcere di Abu Dhabi senza alcun capo di imputazione, senza la possibilità di vederlo, di parlarci. Senza che l’avvocato che continuo a pagare profumatamente, riesca anche solo ad avere in mano un fascicolo. Mi rivolgo alle istituzioni, alla Farnesina, al ministro della Difesa Guerini, vi prego, riportate a casa il mio compagno. Sta male, ed io ho bisogno di lui”.
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Una storia che sembra quasi surreale. Il trader milanese ha subito un trattamento incredibile, nell’indifferenza generale. “Stamattina, come ogni martedì e domenica, l’ho sentito al solito sei minuti – racconta Stefania – Non sta bene, dorme per terra, mangia per terra e ormai i chili persi sono 25. E’ una situazione da film dell’orrore, Andrea era la persona giusta al momento giusto per fare pressioni sul governo italiano sull’embargo che deve essere sbloccato. Nostra figlia chiede del papà, io devo restare lucida per lei ma è tutto troppo difficile”.
Stefania racconta i momenti dell’arresto, provando a trovare una spiegazione a ciò che è accaduto. “Eravamo tranquilli in hotel quando il 21 marzo mi hanno chiesto di raggiungere mio marito nella hall perché doveva dirmi qualcosa. ‘Mi stanno portando ad Abu Dhabi, ma ti giuro non so perché, chiama l’ambasciata, chiama il consolato‘ è riuscito a dirmi prima che lo portassero via. Lo hanno fatto entrare in ascensore e da quel momento non l’ho più visto. Quando sono entrata in stanza era tutto a soqquadro, le valigie aperte, i giochi della bambina sparsi ovunque, materassi ribaltati, e i telefonini e il computer di Andrea spariti. E’ stato lì che è iniziata la mia odissea“.
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Stefania è un fiume in piena nel ricordare quei drammatici momenti: “Era domenica, il giovedì successivo mi hanno detto che era in carcere e non si sapeva il motivo. Non abbiamo saputo nulla di lui fino al 20 aprile, quando c’é stata la prima visita consolare, me lo hanno fatto sentire il 27 maggio. Ho preso un avvocato, solo per aprire la pratica ho pagato 12mila euro – continua – Fino al 7 settembre scorso ad Andrea non è stato concesso nemmeno di firmare la procura, di parlare con il procuratore, con l’avvocato. Tuttavia, anche dopo la firma della procura, non è stato possibile accedere al fascicolo, far parlare l’avvocato con Andrea. Il 14 ottobre scorso è stata fatta l’ultima di quattro visite consolari all’interno dell’ufficio del procuratore generale. Poi il nulla”.
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Stefania lancia un appello alle istituzioni: “E’ importante che il governo italiano faccia dei passi per la sua liberazione, che il Ministro Guerini vada all’Air Show a Dubai, che si adoperi per riportare a casa Andrea. Il motivo per cui il mio compagno è lì è l’embargo di tutti i prodotti della Difesa, dalle bombe ai pezzi di ricambio della pattuglia acrobatica emiratina Al Fursan. Andrea sta pagando colpe non sue e molto più grosse di lui, mi ha detto di sentirsi abbandonato dalle istituzioni, dal suo Paese. Ed effettivamente la Farnesina non fa che dirmi che stanno lavorando, mentre la situazione ad oggi è identica al 22 marzo: il padre di mia figlia è lì senza accuse, senza possibilità di difesa o di vedere nessuno. Nonostante mi dicano che sono mesi che si prodigano per la situazione“.