Il famosissimo chef, premiato come ambasciatore del gusto 2021, si scaglia contro alcune scelte politiche e lancia accuse gravissime
La crisi nel mondo della ristorazione continua a farsi sentire e a far registrare commenti dei protagonisti. Dopo le parole dello chef Igles Corelli, che in esclusiva ai nostri microfoni ha chiesto alla politica di aiutare i ristoratori, si aggiunge il grido di allarme di Gianfranco Vissani. Il popolarissimo chef critica aspramente alcune scelte politiche che, a suo dire, hanno portato i giovani ad abbandonare le cucine. Su tutte il reddito di cittadinanza. “Chi ha fatto queste leggi se ne assumerà le responsabilità”, il sunto del ragionamento di Vissani che, in esclusiva a notizie.com, lancia una critica nei confronti dei giovani.
Per lo chef stellato, premiato come ambasciatore del gusto 2021, al Ferrara Food Festival, è stato decisivo il Covid. “Dal lockdown in poi non si è più trovato personale all’altezza. Io non ho più trovato ragazzi in grado di lavorare con bravura e serietà nei miei locali. Vedo cose che non ho mai visto in 50 anni: piatti sistemati male, gente che non ha voglia di imparare. Noi facciamo scuola, formazione, ma bisogna aver voglia di imparare. Ci vuole sacrificio nei ragazzi“. Che, secondo Vissani, hanno altri interessi. “Pensano solo a Instagram, ad altre cose. Poi quando vengono a lavorare non sono disposti ad imparare. Noi non siamo degli sfruttatori, ma pretendiamo che ci sia applicazione. Vengono a fare stage, una scuola gratuita che dovrebbe essere formativa e se gli chiedi di pulire le patate o qualche casseruola, il più delle volte si rifiutano. Non mi sembra normale”.
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Colpa, secondo Vissani, delle recenti scelte politiche. “Il reddito di cittadinanza andava assegnato alle famiglie in difficoltà, a chi ha bambini disabili o a chi non riesce ad andare avanti con pensioni da schifo. Non ad altri. Ci sono 3 milioni e mezzo di italiani che hanno il reddito di cittadinanza e poi vogliono lavorare in nero. Vengono da me e pretendono il nero così, oltre ai 500 euro che prendono, arrivano a 1200 euro con il minimo sforzo. E’ chiaro che poi non abbiano voglia di lavorare o fare sacrifici“. Un problema che riguarda non solo il personale di sala. “Vale anche per i sommelier e i cuochi. Sa quanti sommelier arrivano da me, lavorano due giorni e poi vanno via? Non c’è più spirito di sacrificio. Oggi neanche i cuochi esistono più: piuttosto che fare i sacrifici in cucina li vedi su Instagram a coltivare altri interessi. Non ci sono più i cuochi di una volta. Mangeremo roba schifosa. E non mi si venga a dire che non è vero“.
Vissani consiglia di ripartire dalle basi, riportando la cucina italiana ai fasti di un tempo. “Ripartiamo da ciò che sappiamo fare meglio, senza contaminazioni. Ricordate le fettuccine al ragù: la gente ne mangiava tre o quattro piatti alla volta. Dobbiamo riportare nel cuore dei nostri clienti quei gusti. Quei sapori. Oggi si usa la chimica, gli ultrasuoni. I cibi vengono lavorati in laboratorio. Prendono i pomodori e con gli ultrasuoni sembrano tutti belli e buoni, anche quelli che magari erano duri e immangiabili. Usano la chimica in cucina e poi fanno i congressi parlando del pianeta che va in rovina. E questo sarebbe amore verso la cucina? Con la chimica a morire sono i microproduttori. Noi, piuttosto che prendere mele dalla Cina o dal Giappone, dobbiamo salvaguardare il nostro territorio. La nostra storia, la nostra cultura. Che pianeta lasceremo ai figli dei nostri figli? Se vogliamo che il mondo diventi come quello dei film di Arnold Schwarzenegger, in cui tutti sono robot, siamo sulla strada giusta. Ma se vogliamo uscire da questa situazione, dobbiamo ritornare alle nostre origini. Alle tradizioni”.
A partire anche dalle terminologie. “Basta con gli chef. Oggi sono tutti chef. Deve ritornare l’umiltà, la voglia di spaccarsi la schiena in cucina. E poi cosa vuol dire chef? La parola significa capo. Uno che dirige e comanda. E per farlo ci vuole esperienza, attenzione e sacrificio. Chiamiamoci cuochi. E’ molto meglio”.