La settimana lavorativa potrebbe presto diventare realtà anche in Italia? Dalla politica, l’idea di rimetterla al centro del dibattito
Lavorare meno aiuta a produrre di più? Potrebbe essere così, ma la certezza arriva dall’Islanda, dove un esperimento tentato ha in realtà dato ottimi frutti. Si tratta della settimana corta di lavoro, che prevede una settimana di 35-36 ore lavorative ma aumentando la produttività e senza nessun calo di stipendio. Il Islanda, tra il 2015 e il 2019, sono stati condotti due esperimenti di riduzione dell’orario lavorativo. Il primo portando il monte ore lavorate e il secondo a 35-36 ore della settimana lavorativa. Il tutto, senza applicare nessun costo né taglio ai salari, coinvolgendo circa 2.500 lavoratori ( l’1% della popolazione attiva) impegnati in diversi settori come settore pubblico, uffici, scuole, ospedali, settore pubblico.
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Ebbene, l’idea della settimana corta lavorativa è stata rilanciata da Beppe Grillo sul suo blog www.beppegrillo.it. “4 giorni posson bastare”, il titolo dell’articolo che apre richiamando una frase di Herman Melville: “Loro parlano della dignità del lavoro. Balle. La dignità è nel tempo libero“.
“Dall’aprile 2021 negli Stati Uniti, oltre 19 milioni di lavoratori hanno lasciato il proprio lavoro. Anthony Klotz, professore di management presso la A&M University in Texas, l’ha chiamata la Great Resignation, una tendenza in aumento che sta sconvolgendo le aziende di tutto il mondo. Klotz ha attribuito queste dimissioni volontarie a quattro cause principali: un arretrato di lavoratori che volevano dimettersi prima della pandemia; burnout (esaurimento), in particolare tra i lavoratori in prima linea nell’assistenza sanitaria, nella ristorazione e nella vendita al dettaglio; “epifanie pandemiche” in cui le persone hanno sperimentato importanti cambiamenti di identità e finalità che le hanno portate a intraprendere nuove carriere e ad avviare un’attività in proprio; e un’avversione a tornare negli uffici dopo un anno o più in smart working”, scrive Grillo.
Un vero e proprio crollo della società che ha portato molti colossi americani a fare investimenti su lezioni gratuite per i propri dipendenti, su benefit , su aumento dei salari. Eppure, fa notare Grillo, questo non è bastato. “Secondo uno studio McKinsey i dipendenti bramano un investimento negli aspetti umani del lavoro, sono stanchi, vogliono un senso di scopo rinnovato. Vogliono connessioni sociali e interpersonali con i loro colleghi e manager. Vogliono provare un senso di identità condivisa. Sì, vogliono retribuzione, benefici e vantaggi, ma più di questi vogliono sentirsi apprezzati dalle loro aziende e i loro capi. Vogliono interazioni significative”, prosegue il fondatore del M5s.
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Un altro studio IBM dice che 1 dipendente su 5 ha cambiato volontariamente lavoro nel 2020, e Generazione Z (33%) e Millennial (25%) rappresentano le fasce di età che più si sono messe in gioco. “1 persona su 4, a livello globale, intende cambiare posto di lavoro, nonostante la crisi economica abbia determinato la perdita di 255 milioni di impieghi nel 2020. Le ragioni principali di questa scelta sono la necessità di un programma o di un luogo di lavoro più flessibili, di maggiori benefit e di supporto per il proprio benessere”, prosegue Grillo. In Italia, secondo le rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si sono registrate 485.000 dimissioni su un totale di 2,6 milioni circa di contratti cessati. La quota di abbandono volontario sul totale degli occupati ha superato il 2% per la prima volta da anni, a livelli non lontani da quelli degli Stati Uniti.
Una tendenza che potrebbe essere controbilanciata dalla settimana lavorativa di 4 giorni che Grillo chiede di mettere al centro del nostro dibattito politico. Ma è davvero possibile ridurre la settimana lavorativa e liberare il tempo per altre attività? In Islanda, la produttività è cresciuta o rimasta invariata nonostante si siano ridotte le ore lavorative. Infatti, la settimana di quattro giorni lavorativi ha soddisfatto i lavoratori e i risultati sono stati tutt’altro che banali. Sono stati i ricercatori ad aver analizzato i risultati dei progetti sperimentali fatti fra il 2015 e il 2019. Durante questo periodo di prova, i lavoratori sono stati pagati allo stesso modo per un numero minore di ore lavorate. La produttività, d’altra parte, è rimasta inalterata oppure è aumentata, nella maggior parte dei luoghi di lavoro. Casi simili ci sono già stati in Spagna e in Nuova Zelanda, sotto la spinta di iniziative di amministrazioni locali e regionali. In Islanda le prove di settimana corta sono state fatte dal Consiglio comunale di Reykjavík e dal governo nazionale e hanno coinvolto più di 2500 lavoratori di uffici pubblici, servizi sociali, scuole materne e ospedali. Da 40 ore a settimana, l’orario è sceso a 35 o 36. Sembra che, con maggiore riposo, la produttività aumenti e il lavoratore sia portato ad avere più stimoli.