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Cronaca

L’imprenditore che ha cambiato vita: “Ora passeggio in campagna e guardo il mare”

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Chiara Feleppa

La storia di Simone Sabaini, 47 anni, imprenditore che ha rinunciato ad accumulare denaro per dedicarsi alle cose più semplici

“Lavoravo undici, più spesso dodici ore al giorno. Ufficio, computer, riunioni, cellulare, sempre in giro tra Milano e Verona. Ora lavoro mezza giornata, il resto del tempo passeggio in campagna, guardo il mare, sto con gli amici, ozio. Penso, soprattutto. Ed è in queste ore, che a qualcuno potrebbero sembrare “buttate”, che mi sono venute le idee di business migliori. Perché il tempo di qualità aiuta a vedere le cose in modo più chiaro”. Con queste parole si apre l’intervista di Simone Sabaini al Corriere della Sera. Lui, 47 anni, incarna il sogno di tutti: quello di cambiare vita e di passare il tempo non solo a lavorare, ma anche a pensare, stare con se stessi, riposarsi. Del resto, in passato l’ozio era inteso in passato come un privilegio ma anche una necessità e non era affatto disprezzato dai romani, né percepito come una perdita di tempo.

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Simone ha avuto il coraggio di cambiare vita, qualcosa che del resto aveva già fatto in passato quando aveva deciso di dedicarsi al cioccolato. Da Verona, è arrivo a Modica, in Sicilia dove, con pochissimi risparmi, è riuscito a realizzare una fabbrica di cioccolato pluripremiata con innovative cantine di affinamento, tre negozi, un albergo, un cocktail bar e due aziende agricole. La prima produce agrumi per bibite, la seconda vino da vermouth. “Ora guadagno più di quel che mi occorre, è vero. Ma quando sono arrivato qui in Sicilia sono partito da zero. A differenza di molti miei coetanei veneti io non avevo la fabbrichetta lasciata dal papà, la casa ereditata dal nonno o un piccolo capitale con cui cominciare. Avevo, quello sì, i risparmi dei miei lavori passati ma le assicuro che non parliamo di milioni di euro“, racconta Simone.

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Lavorare come matti?

Nel suo passato troviamo gli studi di Economia all’università, la laurea e il lavoro per un fondo di investimento. “Guadagnavo benissimo ma l’ambiente era molto competitivo e io ero totalmente immerso nel circolo vizioso di questa epoca: lavorare tanto, per guadagnare tanto, per spendere tanto, per compensare ciò che ci manca di più, e cioè il tempo libero. Perché dobbiamo lavorare tanto, per guadagnare tanto… e si ricomincia. Una cosa senza senso”, dice oggi Simone. Potendo contare sulla certezza di un tetto e del cibo, si chiede: “a che serve continuare a lavorare come matti, per guadagnare sempre di più?”.

La risposta? Lo si fa per lo status sociale e per accontentare, diciamo, la società. Una svolta viene dalla pandemia: “Io credo che la decisione di rompere questo schema assurdo possa avere due genesi: la prima è esterna, un evento traumatico, come appunto la pandemia; la seconda è interiore e nasce da un percorso di consapevolezza dell’individuo che parte da una domanda semplice eppure difficilissima: cosa mi fa stare realmente bene? Rispondere non è facile, perché presuppone di guardarsi dentro con sincerità, mettendo al centro noi stessi, mentre la nostra vita è tutta protesa a soddisfare le aspettative degli altri: la famiglia, gli amici, la società”, racconta a Il Corriere. Così, separando ciò che è importante da ciò che non lo è, ha lasciato il fondo e il 90% del suo stipendio. Dopo un periodo come manager in Altromercato è approdato a Modica. “Mi sono messo a fare ciò che avevo voglia di fare, mi risulta perfino difficile chiamarlo “lavoro”. E quando si ama ciò che si fa i risultati arrivano. Certo, non nascondo che ricominciare a Modica, dove un affitto costa 200 euro, per certi aspetti è più facile che farlo in Veneto. Qui non c’è la continua rincorsa allo status del Nordest, c’è un’attenzione maggiore alle persone e alle relazioni. Le “cose” non sono in cima alla lista”.

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Chiara Feleppa