Parla il giornalista del Corriere della Sera che ha sollevato polemiche per il suo pezzo dopo l’assassinio del ricercatore a New York
Il politically correct al contrario. Una brutta storia che ha gettato nello sconforto un’intera famiglia italiana ma che sembra non sia mai avvenuto, almeno negli States. Un ragazzo italiano è stato ucciso a New York e il suo unico torto è stato quello di trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, ma del suo assassino se ne parla come se fosse uno qualunque. Un teppista, un poco di buono e niente più, ma è un ragazzo afroamericano. E questo in America può voler dire qualcosa, soprattutto se uccide un ragazzo bianco. Ma per il New York Times, la storia non è questa, bensì un omicidio come ce ne sono tanti altri.
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Non dovrebbe essere così e non è così soprattutto per Federico Rampini, giornalista del Corriere della Sera e opinionista televisivo che sul suo giornale ha spiegato quanto sia stato “reticente” e poco “investigativo” sul tragico fatto il New York Times che, non solo ha messo a pagina 16 quasi in un trafiletto la storia, ma l’ha anche minimizzata. A Notizie.com, Rampini spiega la sua posizione: “Ho trovato aberrante il resoconto che ha fatto, o meglio quasi non ha fatto, il quotidiano più importante degli Stati Uniti e come è stata trattata la notizia. L’ho scritto e raccontato, anche perché se fosse stato al contrario, sarebbe venuto giù il mondo”.
E’ duro Rampini e non accetta quanto è successo anzi si aspetta una durissima polemica da parte degli americani sulla sua presa di posizione: “So che qualcuno se l’è presa e se la prenderà. Il pezzo è stato tradotto proprio oggi e tra domani e dopodomani, qualcuna mi riprenderà, ma a me non interessa nulla. Io ho solo riportato i fatti ed è tristemente vero quanto è accaduto”. Il giornalista parla anche di “Giornalismo Reistenziale” e spiega il motivo: “E’ un’espressione che aveva un uso corrente negli anni di Trump cioè resistenza contro il fascismo, quello di Trump, l’idea era quella cioè che c’era un regime di destra cui bisognava reagire con una specie di guerra partigiana, il paragone era avere una resistenza contro i nazifascismi, il tema era quello. E quello”.
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In Italia la sua presa di posizione, lui, Rampini, conosciuto per la sua durezza contro il fascismo, ma qualcuno non ha gradito quel paragone con la morte di Geroge Floyd e Davide Giri. “Se qualcuno in Italia a sinistra mi ha attaccato, bastava leggere il pezzo, non ci vuole tanto. Nel pezzo c’è tutto quello che deve dire e che, secondo me, è la realtà, se ci ci fosse stata un afroamericano ucciso da un bianco, apriti cielo e giù valanghe di polemiche. Se poi qualcuno vuole attaccare i fatti, lo faccia pure, ma fa una pessima figura. Non so se qualcuno abbia delle versione alternative che a me, sinceramente, non interessano più di tanto. Io sono da sempre un antifascista, a me chi fa delle interpretazioni su fatti reali lo ripeto non mi interessano, il pezzo è un elenco di fatti, vedremo se qualche collega americano si è risentito o meno, le reazioni arriveranno, lo so, il pezzo è stato tradotto, me le attendo”. Conclude Rampini le “reazioni di colleghi o politici o di altrimi interessano fino a un certo punto, credo di avere esposto dei fatti, se poi ci sono persone che non condividono perché c’hanno letto qualche agenda politica sono fatti loro…..”.