L’ex calciatore di Lazio, Juventus e Roma smise di giocare a 33 anni, proprio come il “Kun”, dopo un arresto cardiaco subìto a Bologna: “Non ci fu rabbia, avevo comunque già fatto una carriera ad alti livelli. All’argentino dico di iniziare una carriera in un’altra veste”.
Trentatré anni e smettere di giocare. È successo a Sergio Aguero, ha annunciato il ritiro dal calcio tra lacrime e commozione. Meglio fermarsi vista l’aritmia sofferta durante la partita con l’Alaves del 30 ottobre. Era accaduto nel 1990, alla stessa età del “Kun”, a Lionello Manfredonia: si accasciò sull’erba del Dall’Ara per un arresto cardiaco, si giocava Bologna-Roma: venne soccorso in campo, poi trasportato d’urgenza all’Ospedale Maggiore. Fu l’ultima gara della sua brillante carriera caratterizzata dalle maglie di Lazio, Juventus e Roma. La redazione di notizie.com l’ha contattato in esclusiva per cercare di capire cosa si possa provare in momenti simili, a dover smettere di essere un calciatore senza il minimo segnale, con gli ultimi anni da professionista stappati via all’improvviso: “Non ho provato rabbia, sono sincero. Avevo già fatto 15 anni ad alto livello. Anzi, dovevo ringraziare il Padre Eterno di avermi permesso di portarla avanti fino a quel momento”, inizia Manfredonia. Da qui l’invito ad Aguero: “Cominciai immediatamente una carriera dirigenziale, è quello che posso consigliare all’argentino, di iniziare un avventura in un ruolo diverso. Ora starà passando sicuramente un momento delicato, può superarlo più velocemente impegnandosi nel calcio, ma con altri compiti”.
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Ogni caso è diverso, chissà se le sensazioni siano le stesse dell’attaccante del Barcellona: “Le situazioni sono quasi sempre differenti l’una dall’altra, non conosco bene il suo quadro clinico. Ho visto Eriksen, può continuare a giocare a calcio con un defibrillatore. Il mio problema era diverso, io ho avuto un arresto cardiaco e basta. Potevo tranquillamente continuare, è stata una mia scelta, avrei potuto giocare in alcune federazioni firmandomi da solo la mia idoneità. In Italia non mi era permesso, però in America per esempio sì. Non so se Aguero abbia questa possibilità o se sia qualcosa di più grave. Bisognerebbe capire bene le differenze, poi ognuno naturalmente decide per il proprio destino”.
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I vaccini stanno influendo? Manfredonia scaccia via le possibili correlazioni: “Per me non esistono al mondo questi problemi. Ai miei tempi ci sono stati diversi casi, lo stesso Curi che purtroppo non è riuscito a sopravvivere all’arresto cardiaco subìto in campo. Sono cose che succedono e succederanno sempre, la prevenzione è moltissima, ma sono situazioni inspiegabili che sopravvengono in un secondo momento”. Idem i calendari fittissimi, per l’ex azzurro non sono le tantissime partite ravvicinate a incidere: “Anche noi giocavamo in Champions e in campionato, facevamo 50 partite all’anno. Non era questo il problema e non lo è adesso”.