In esclusiva per notizie.com, la coordinatrice di Open Arms Italia, Veronica Alfonsi, ha rilasciato un’intervista nella quale esprime il suo parere sul processo nel quale è indagato l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Per i lettori che non fossero a conoscenza del vostro operato, qual è il ruolo di Open Arms?
Open Arms è un’organizzazione non governativa che si occupa di ricerca e soccorso in mare. Dal 2016, tutte le nostre missioni vengono fatte nel Mediterraneo centrale. Abbiamo cominciato nel 2015 in Grecia, perché in quel momento i flussi migratori si concentravano nel mar Egeo. Erano soprattutto famiglie siriane che provavano a raggiungere l’Europa dalla Turchia. Nel 2016, la Turchia ha chiuso i suoi confini a seguito di un accordo con l’Europa. Quindi, dal 2016 operiamo nel Mediterraneo centrale con altre navi umanitarie.
Qual è la posizione dei governi europei rispetto al vostro operato? In che modo facilitano o ostacolano le vostre operazioni nel mar Mediterraneo?
In questi ultimi sei anni sono successe molte cose, quindi anche la situazione politica è cambiata. Dal 2016 al 2018, abbiamo cooperato sempre con la Guardia Costiera italiana, e c’era un clima di collaborazione con le navi umanitarie. Il tema del soccorso in mare era sentito, prioritario. Dal 2018, le cose sono cambiate in maniera drastica. Ci sono stati i primi sequestri, ed è stata costituita una Guardia Costiera libica. È iniziata una campagna di forte delegittimazione. Poi ovviamente c’è stato il governo Salvini, la chiusura dei porti e la sua retorica. Questo fino all’agosto del 2019, in cui, durante una nostra missione molto importante, siamo stati costretti a rimanere con più di 100 persone in mare per venti giorni. Quella vicenda si è poi conclusa con l’apertura di un’inchiesta. Oggi l’ex ministro Salvini è a processo ed è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio.
In questi ultimi anni, la situazione è sicuramente peggiorata. L’atteggiamento dell’Italia e dell’Europa è quello di continuare a rinnovare accordi con paesi per trattenere le persone – è il caso della Libia e della Turchia – e dall’altra parte chiudere le proprie frontiere. In questo contesto, le navi umanitarie danno molto fastidio. Questo perché non solo soccorrono, ma quando sono in mare raccontano anche quello che succede. Ci sono continuamente respingimenti, viene allertata la cosiddetta Guardia Costiera libica, che riprende le persone in mare e le riporta nei centri di detenzione da cui sono fuggite, dove ovviamente le violenze che subiscono sono certificate da organismi internazionali.
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Noi assistiamo continuamente ad omissioni di soccorso, cioè navi, barche e barchini che sono in difficoltà, la cui posizione è nota da giorni, ma che nessuno va a soccorrere. Quindi naturalmente anche naufragi. Non c’è un accordo tra stati europei sulla necessità di istituire un dispositivo governativo di soccorso in mare, non ci sono altre modalità di ingresso in Europa; quindi, non ci sono accordi su eventuali corridoi umanitari ma nemmeno canali d’ingresso legali.
Per quanto riguarda la vicenda di agosto 2019 che ha coinvolto l’ex Ministro dell’interno Matteo Salvini, qual è la posizione di Open Arms?
Noi siamo reduci dalla seconda udienza del processo che si è tenuta ieri, venerdì, a Palermo. La nostra posizione è che noi, durante quella missione, siamo riusciti a fare una serie di cose perché la legge ce l’ha permesso. Il ministro Salvini aveva interdetto le acque territoriali e il tribunale del Tar del Lazio aveva detto che non si poteva fare, quindi siamo potuti entrare. Avevamo a bordo 27 minori non accompagnati che sono potuti scendere perché il tribunale per i minori ha detto che avevano diritto a scendere e ad essere tutelati.
Alla fine, dopo 20 giorni, le persone che erano rimaste a bordo sono state fatte scendere, perché il procuratore di Agrigento Patronaggio ha detto che dovevano scendere. Questo perché la legge doveva tutelarle. Come abbiamo sempre fatto e come continuiamo a fare, noi ci basiamo sulle convenzioni internazionali e sul diritto del mare. Quindi, anche in questo caso, noi ci auguriamo che questo processo serva non solo a ricostruire un pezzo di storia di questi anni, ma anche a ristabilire la verità.
Qual è la posizione di Open Arms riguardo il fenomeno dell’immigrazione via mare?
Noi siamo un’organizzazione umanitaria. L’unico motivo per cui siamo in mare è che non c’è nessun altro che fa soccorso. Noi siamo in mare finché c’è bisogno di noi, per soccorrere le persone e per tutelare i diritti e la vita di queste persone. Consapevoli del fatto che questa non è una soluzione. Ci sono due piani. Il piano emergenziale, ovvero persone che devono prendere il mare rischiando la vita e che hanno bisogno di essere soccorse. Stiamo parlando di donne, spesso ragazze in gravidanza perché hanno subito delle violenze, di bambini molto piccoli che si trovano in mezzo al mare e hanno bisogno di aiuto. Poi c’è il piano politico, che dovrebbe riguardare i leader politici europei, cioè di trovare una soluzione strutturale, perché questo fenomeno è un fenomeno strutturale.
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Le persone continueranno a fuggire e cercare di raggiungere l’Europa. Lo faranno sempre di più. Ci sono tanti problemi: oltre alle guerre e alle violenze, ci sono i cambiamenti climatici. Questo è un fenomeno strutturale che si può gestire perché stiamo parlando di numeri abbastanza ridotti. Però ci vuole l’impegno e la responsabilità di tutti i paesi europei, per fare in modo che si possano accogliere queste persone dividendole tra paesi europei in maniera responsabile, permettendo loro di arrivare in Europa in maniera legale e senza rischiare la vita.