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Cinema

Il finale di Gomorra non poteva che essere questo: la lezione di Saviano

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AntonioP

Il finale di Gomorra è la chiusura di un cerchio ma soprattutto l’ultima parola di Roberto Saviano: una lezione che fa riflettere [SPOILER ALERT] 

Roberto Saviano con Salvatore Esposito e Marco D’Amore (Foto Ansa)

Con l’ultima doppia puntata di Gomorra si chiude un viaggio iniziato nel 2014 e proseguito per cinque lunghe stagioni, sette lunghi anni. Non sempre al massimo, va detto, con diverse toppe nella sceneggiatura che lasciano perplessi e non la rendono – per chi vi scrive – la più bella serie mai vista. Ma sono opinioni. Ognuno ha le sue ed è il bello di ogni produzione artistica che lascia il segno: se ne può parlare per ore, anche per giorni, ma alla fine ognuno ha i suoi gusti e resta sulle sue legittime posizioni.

Su un aspetto però siamo tutti d’accordo: Gomorra è stata un’opera epocale, una pietra miliare nella storia delle serie tv, italiane e non solo. Con un finale assolutamente all’altezza della situazione: che lascia amareggiati, certo, ma che fa anche riflettere tanto. Un finale che rispecchia in toto la visione di Roberto Saviano, il “papà” dell’intera storia e del libro dal quale è nata. Autore di respiro internazionale, ormai noto in tutto il mondo come il narratore più autorevole delle vicende di camorra, Saviano però ha sempre voluto rimarcare con forza un aspetto fondamentale della sua intera produzione. E l’ha ribadito anche quando ha presentato quest’ultima season della sua creatura: non ci sono eroi, e alla fine non vince nessuno.

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Gomorra croce e delizia di Roberto Saviano: la piaga dell’emulazione

Roberto Saviano (Foto Ansa)

Deve averci sofferto davvero tanto, negli ultimi 7 anni: Roberto Saviano passa per l’autore anti-camorra per eccellenza e invece ha creato una serie cult, che ha generato anche qualche stupido fenomeno di emulazione e ha dato l’impressione di aver fatto il gioco della malavita anziché osteggiarla. Non era questo il suo intento e più volte ha stigmatizzato questo fenomeno, provando – maldestramente – anche a negarlo con forza. “Nessuno è diventato prete guardando don Matteo o trafficante di droga perché ha visto Breaking Bad”: questo il suo mantra, una pezza a colori talmente debole che probabilmente non ci crede neanche lui.

L’emulazione c’è stata eccome, c’è stata la mitizzazione dei personaggi e lo sdoganamento di un glossario specifico che solo la splendida ironia dei Jackal è riuscita a stemperare un minimo con delle indimenticabili parodie. Il rovescio della medaglia è stato questo, che molti ragazzini hanno provato a imitare la serie con risultati talvolta anche piuttosto realistici. Nessuno è diventato camorrista per Gomorra, o almeno speriamo, ma di certo Gomorra ha dato loro un vestito comodo e “popolare” da indossare.

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Il ‘colpo di coda’ di Saviano: in Gomorra muoiono tutti e non vince nessuno

Marco D’Amore e Salvatore Esposito (Foto Ansa)

Ma il sottotesto della storia resta sempre lo stesso e il finale non fa che metterci il punto esclamativo, con quella catartica scena madre in cui muoiono tutti. Tutti, ma proprio tutti i protagonisti alla fine fanno la stessa identica fine: dal viscido Munaciello alla cattivissima vecchia vedova del Galantommo, da “Bellebbuono” al Maestrale con tanto di moglie puntualmente giustiziata. E Ciro e Gennaro, ovviamente, uccisi come due soldati qualunque nel conflitto a fuoco finale dove si sente solo sparare, senza capire chi possa essere il mandante né l’esecutore. Donna Nunzia e gli uomini che a metà puntata istruisce a dovere? Probabilmente sì, ma non vengono mai inquadrati e questo può suggerire una lettura alternativa che apre un nuovo spunto di discussione sulle posizioni di Saviano.

E infatti, a ben pensarci, questo è l’unico finale possibile. Con la camorra non si salva nessuno, perfino i più ricchi e i più brillanti alla fine ci lasciano la pelle. Perfino l’Immortale, che si rivela un uomo come tutti gli altri e si spegne con un colpo secco alla testa. Non vince nessuno, non sopravvive nessuno tranne gli innocenti e il volto del vincitore, del giustiziere di Ciro e Genny, viene anticipato dagli ultimi titoli di coda. Vince solo la camorra, un mostro senza volto che non finisce neanche se finiscono i protagonisti. Il messaggio conclusivo di Roberto Saviano è questo qui, ed è una grande lezione di vita che prima di lui ci aveva dato un altro napoletano illustre, con molta più ironia. L’indimenticabile Maestro Luciano De Crescenzo, nel meraviglioso ‘Così Parlò Bellavista’: “Ma poi, tutto sommato, non è che fate una vita di merda? Vi siete fatti bene i conti? Vi conviene?”. A giudicare dal finale di Gomorra diremmo proprio di no.

Antonio Papa

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