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Cinema

Spider-man: No Way Home, Marvel ci è riuscita? Ecco la Recensione [NO SPOILER]

Published by
Leonardo Marcucci

Uscito il 15 Dicembre in Italia e il 17, negli Stati Uniti, è uno dei film più attesi della storia del cinema. Ecco a voi Spiderman No Way home. 

Tra i numerosi lungometraggi partoriti dai Marvel Studios, questo terzo capitolo di Spiderman potrebbe davvero essere quello ad aver conosciuto l’attenzione mediatica più spiazzante: social, riviste specializzate e giornali non potevano fare a meno di riportare costantemente, minuto dopo minuto, notizie e nuove indiscrezioni, andando dai possibili svolgimenti della trama alle più creative e disparate speculazioni. Ovviamente al centro dell’uragano mediatico c’era la possibilità di rivedere su schermo i precedenti Peter Parker apparsi sul grande schermo (Tobey Maguire e Andrew Garfield). Tale possibilità è stata copiosamente nutrita dai diversi trailer rilasciati, nei quali spiccava la presenza di alcuni dei più iconici villain dell’uomo ragno (Goblin, Sandman, Doctor Octopus ecc…). Ai produttori, i soliti Amy Pascal e Kevin Feige, va riconosciuto nella gestione dei trailer, dei rumors e nel concepimento stesso di un progetto di tale portata, un talento spiazzante, già manifestato in passato ma che oggi trova rinnovata ammirazione nei nostri attoniti sguardi. Queste le premesse di un lungometraggio capace di non poche contraddizioni, in cui lo smisurato disegno editoriale da cui deriva e di cui beneficia, rischia di essere anche il suo più insormontabile limite. La sensazione dominante infatti, nello svolgersi narrativo di questo Spiderman, è stata la medesima provata ai tempi con Avengers End Game, con un misto di emozioni incontrollabili e prepotenti perplessità.

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La trama, come da tradizione Marvel, si apre con un diretto collegamento al film precedente, in cui Mysterio aveva rivelato l’identità segreta di Spiderman, gettando Peter (Tom Holland), la fidanzata MJ (Zendaya) e i suoi più cari affetti in una gravosa spirale mediatica. L’evolversi di tali presupposti e i motivi che porteranno in scena i più grandi villain dell’universo cinematografico di Peter Parker, li lasciamo alla sala in cui gusterete il film, ma vi proponiamo di seguito i risultati, sul piano critico, delle due ore e mezza necessarie ad alzarsi dalla poltroncina.

Un film controverso

La prima parte nasconde in bella vista quelli che sono i problemi più concreti della pellicola, ponendo delle basi traballanti e poco convincenti. Contraddizioni logiche e violente approssimazioni narrative la fanno da padrone, nascoste sotto un distraente velo di costante fanservice, portato avanti con invidiabile maestria e una messa in scena a tratti esaltante. Nella seconda sezione si viene investiti da una forza emotiva tale da scacciare dalla mente le fastidiose voci che fino a poco prima sussurravano con insistenza: “Ma questa cosa non ha senso!”. Parallelamente al susseguirsi degli eventi, avrà luogo un affascinante percorso di maturazione del personaggio di Tom Holland, che, messo finalmente davanti ai tormenti più profondi della sua natura, dovrà affrontare scelte complesse, necessarie a concludere definitivamente l’età della spensieratezza. Il virare verso una dimensione più profonda e drammatica non può che giovare a quello che, durante l’ultima ora, diventerà un continuo test ai vostri dotti lacrimali.  E’ qui che si fondono con successo i due elementi portanti del film: uno dei fanservice meglio assortiti di sempre è letteralmente parte delle rinnovate tematiche esistenziali, da cui scaturiscono un turbinio di emozioni e un susseguirsi di momenti esaltanti, paragonabili solo al già citato Avengers EndGame. Proprio con quest’ultimo Spiderman No Way Home condivide le riserve di una prima parte a dir poco discutibile, seguita da uno stupefacente congiungersi di parabole narrative, magistralmente gestiste sul piano drammaturgico. A completare il quadro delle contraddizioni, ecco una regia altalenante, coadiuvata da una colonna sonora non all’altezza delle forze in gioco.

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L’esito dell’ambizioso progetto è in realtà un film perfetto, non tanto nelle sue scricchiolanti componenti, quanto nel suo rispettare brillantemente lo scopo prefissato: riunire il maggior numero di persone in una stanza, farle urlare, emozionare, ridere o piangere insieme e, a prescindere da tutto, cosa dovrebbe fare di più il cinema pop?

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Leonardo Marcucci