Il proprietario della storica discoteca di Roma, nonché presidente di Asso Intrattenimento, si scaglia contro la decisione del governo di chiudere i locali da ballo fino al 31 gennaio: “Solo per la notte di Capodanno persi oltre 50 milioni di euro”.
La decisione del governo di chiudere le discoteche fino al 31 gennaio ha fatto molto discutere. Uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia continua a subire colpi. L’ultimo rischia di essere il più pesante, a meno di dieci giorni dalla notte di Capodanno: un provvedimento che ha messo in ginocchio la gran parte dei gestori dei locali da ballo.
Originariamente sembrava che l’ingresso all’interno delle discoteche sarebbe stato consentito solo con la terza dose o con il tampone negativo. Eppure nella serata del 23 dicembre, ecco la decisione che in molti non si aspettavano (e auguravano). Una mossa che peserà in modo importante sull’economia dei locali di tutta Italia.
LEGGI ANCHE: Covid, farmacie prese d’assalto per i tamponi
Per carpire le reazioni alla bozza del decreto varato nella serata di ieri, Giancarlo Bornigia è intervenuto ai microfoni di Notizie.com. Il proprietario del Piper Club, storica discoteca di Roma, si è detto profondamente amareggiato per la decisione del governo: “Ovviamente mi trova assai contrariato – ha detto Bornigia – Anche perché le decisioni vengono prese solo su una base morale non di certo su cognizioni scientifiche o comunque razionali. Il fatto che il virus si stesse propagando maggiormente nei mesi invernali poteva quanto meno far sì che ad ottobre, quando si è deciso di riaprire le discoteche, ci fosse inserito un alert, un paletto, per spiegare che in caso di un aumento dei contagi nel mese di dicembre le attività sarebbero state sospese, oppure dirle sin da subito. Che le pandemia di questo genere abbiano un aumento nei mesi invernali era abbastanza risaputo”.
Il danno economico è decisamente rilevante: “Andare a chiudere le nostre attività la settimana prima di Capodanno, dopo aver fatto gli investimenti, convocato il personale, fatto gli ordini, concluso i contratti di ingaggio con gli artisti e quant’altro diventa insostenibile per noi. Un danno economico che supera tranquillamente i 50 milioni di euro, solamente il nostro, senza considerare tutto l’indotto”.
Un messaggio che in questi mesi il governo non ha mai recepito: “Noi in questi due anni abbiamo cercato di dare dei messaggi al governo. Io anche in qualità di presidente di ‘Asso Intrattenimento’ del Lazio, anche in questa veste, ho provato in tutte le maniere a mettere in piedi un tavolo di lavoro, delle discussioni, ma non c’è verso. Il Governo no dà retta alle associazioni. Io adesso non so quale sia il motivo storico, è da poco tempo che abbiamo effettivamente messo in piedi al nostro interno un meccanismo associativo di costante confronto tra gli imprenditori. Probabilmente la pandemia, tra le tante cose negative che ha portato, c’è anche qualcosa di positivo, cioè un confronto molto più acceso e costante delle problematiche del nostro settore”.
LEGGI ANCHE: Briatore, il durissimo sfogo contro i no-vax
La colpa è di chi durante la pandemia è stato chiamato a decidere: “La mancanza di un governo capace di durare nel tempo – cambiano ogni sei mesi – rende ancor più difficile i colloqui. Quindi il governo si trova poi nel dover assumere delle decisioni estemporanee, anche dal punto di vista risarcitorio, che lasciano il tempo che trovano. Non risolvono il problema a livello sostanziale o strategico di lungo periodo. Sono solo dei contentini una tantum per farci stare buoni, ma questo è deleterio per la gestione di un paese. Soprattutto per un’industria come quella dell’intrattenimento che comunque cuba qualche miliardo di euro. Sono senza parole”.
Poi il paragone con cinema e teatri: “Nel 2021 sono stati esonerati dal versamento della seconda rata dell’Imu e da quello del 2022. Le discoteche invece sono state esonerate solo per il primo semestre del 2021 e poi non si è saputo più nulla, nonostante tutte le nostre richieste di avere lo stesso trattamento dei cugini del mondo del pubblico spettacolo. Nessuna risposta da parte del governo, il 16 dicembre è scattata la rata del secondo semestre dell’Imu e il 23 dicembre ci chiudono. Un locale come il Piper paga circa 30 mila euro annui di Imu, la seconda rata era di 16 mila euro. Non ci si può comportare in questa maniera. Io ho dovuto anche discutere con i miei soci per autorizzare il pagamento dei 16 mila euro, confidando negli incassi di Capodanno. E tu, dopo aver intascato i soldi, il 23 decidi di chiudere tutto. Cosa avrei dovuto fare? Non avrei dovuto pagare. Mi sarei dovuto comportare da furbetto, dicendo poi vedremo. Ecco perché in Italia succede quello che succede”.
Una perdita che supera tranquillamente i 150 milioni di euro per le attività di tutta Italia: “Io stimo per il settore una perdita tra i 50 e i 60 milioni di euro di mancati incassi nel nostro Paese per l’annullamento della serata di Capodanno. Se poi andiamo a ragionare fino al 31 di gennaio, diciamo che possiamo aggiungere altri 80 milioni di euro per la mancata apertura di quattro fine settimana consecutivi. A questo dobbiamo aggiungere tutto l’indotto, ovvero tutte le forniture (beverage e food) che non vengono fatte, il mancato impegno degli ingaggi che vengono assunti con le maestranze e con gli artisti, tutta la pubblicità che salta per promuovere i nostri eventi, il danno economico è importante. Ecco perché io dico che il danno lo si fa al Paese, non solo a noi. Solo un locale come il Piper ha circa 80 persone segnate regolarmente. Se diciamo che non tutti i locali sono grandi come il Piper, anche se ce ne sono di più grandi come il Qube, io stimo una media di 50 persone per duemila aziende sono 100 mila persone che per un mese rimarranno senza lavoro e senza nessun aiuto”.