Dopo quattro mesi dalla medaglia d’oro vinta a Tokyo nella staffetta, l’atleta classe 1998 rivive le emozioni dei Giochi: “Ancora oggi faccio fatica a definirmi un campione olimpico”.
Un’impresa ancora fresca nella mente degli italiani. La staffetta della 4×100 azzurra a Tokyo ha regalato l’ultima medaglia d’oro – la decima – agli ultimi Giochi Olimpici. Un trionfo davanti alla Gran Bretagna, super favorita, che qualche giorno dopo ha anche dovuto fare i conti con un episodio di doping.
Un trionfo, quello azzurro, che porta il nome di quattro ragazzi speciali. Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu. Il dream team dell’atletica leggera che ha riscritto la storia dello sport in un anno ricco di soddisfazioni per la nostra nazione. Come confermato dalle onorificenze ricevute dalle mani del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
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A qualche mese di distanza da quell’incredibile traguardo, parla uno dei protagonisti del successo azzurro. Filippo Tortu, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha rivelato le sue emozioni ripensando a Tokyo 2020. “Ancora oggi faccio fatica a definirmi un campione olimpico“, ha ammesso l’atleta nato a Milano ma di origini sarde. “Il ricordo più bello, per non dire quello della finale vinta, è il primo allenamento in Giappone. Quando ho realizzato di essere lì con mio padre, mi è sembrato di tornare bambino“.
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Sulla medaglia d’oro non vuole rivelare il nascondiglio. “Non l’ho detto a nessuno“, ammette ridendo. “Lo conoscono solo quelli della mia famiglia, mi hanno promesso di non dirlo svelarlo neanche sotto tortura“. Sul rapporto con le ragazze è stato molto sincero: “Se esco con una donna le dico che faccio economia alla Luiss, non parlo delle Olimpiadi. Regalo dopo Tokyo? Un viaggio a Londra, nessuno sfizio. Non mi piace premiarmi“. E infine una battuta sul compagno di staffetta Marcell Jacobs in merito a chi si prenderà il posto per l’ultima frazione. “È una questione nata da una sua intervista – ha spiegato Tortu – Ne abbiamo parlato a settembre, la cosa importante è il bene della squadra“.