Rossella Schettino, figlia dell’ex comandante della Concordia smentisce le parole attribuite al padre in un’intervista alla Stampa. E chiede chiarezza
“Non ho dimenticato le trentadue vittime ma neppure di essere stato trattato come un capro espiatorio. Sono stato vittima di un processo mediatico prima ancora che giudiziario”. A dieci anni di distanza dalla tragedia nella nave Concordia (avvenuta il 13 gennaio 2012, di frontr all’isola del Giglio) il quotidiano La Stampa riporta alcune dichiarazioni di Francesco Schettino, 61 anni, ex comandante della Costa Concordia. “La gente forse non ci crederà, ma anche io ho i miei incubi”. Nell’articolo viene spiegato che “le riflessioni dell’ex ufficiale ci vengono riportate dal suo avvocato Donato Laino, che insieme al collega Saverio Senese fa parte del pool difensivo che si sta occupando anche della richiesta di revisione del processo”.
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Ma sulla veridicità dell’articolo e sugli approfondimenti che ne seguono (un’intervista all’ex Ufficiale della Guardia Costiera De Falco), registriamo la forte smentita di Rossella Schettino, figlia dell’ex comandante, che in comunicato spiega: “Ritengo doveroso precisare che mio padre non ha mai più avuto contatti con l’avvocato Laino Donato, revocato da anni, rimango pertanto perplessa nel leggere che ha contribuito alla stesura della revisione così come riportato nell’articolo pubblicato dalla Giornalista Grazia Longo del quotidiano la Stampa in data 3 gennaio 2022 che tra l’altro riporta virgolettati attribuiti a mio padre che non ha mai pronunciato”.
La figlia di Schettino prosegue, rivolgendosi direttamente a De Falco: “Per quanto riguarda le dichiarazioni riportate nell’articolo dall’ex comandante De Falco è incomprensibile che nell’immediato dell’incidente sia stata divulgata la sola telefonata delle ore 01:46, tralasciando la diffusione degli audio delle ore 00:17 e delle 00:30. Gli audio rispettivamente proverebbero sia l’improvviso abbattimento della nave che le richieste di mio padre di spostare i soccorsi sul lato dove a causa dell’abbattimento della nave erano cadute le persone in mare al fine di pattugliare l’area.
In sostanza dall’abbattimento della nave come accertato dalle indagini, avvenuto alle ore 00:17, nel buio più assoluto, lo specchio di mare prospiciente al lato abbattuto dove sono state in seguito ritrovate alcune vittime, non è stato pattugliato quantomeno fino alle ore 01:46, orario in cui mio padre di fronte alla nave abbattuta riceve la telefonata di De Falco che come evidenziato dai contenuti delle sue richieste sembrerebbe che ancora non avesse compreso che la nave era abbattuta e semiaffondata su tutto il lato destro“.
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“Queste due comunicazioni – continua Rossella Schettino – se divulgate con lo stesso tempismo e accanimento della famosa telefonata delle ore 01:46 avrebbero da subito chiarito la dinamica dei fatti che hanno causato l’uscita fuori bordo di mio padre e di tutti quelli che si trovavano sul lato destro abbattuto e poi affondato come evidenzia la stessa foto pubblicata dall’articolo sulla Stampa. Ormai a distanza di anni sarebbe apprezzato da parte del Sig. De Falco un religioso silenzio, in alternativa uno slancio intellettuale che gli farebbe solo onore, qualora ammetta che nella concitazione degli eventi avrebbe potuto non comprendere nell’immediato che, la nave si era abbattuta. Comunicazione tra l’altro trasmessa sul canale 16 di soccorso anche alla sua sala operativa di Livorno dalla motovedetta G 104 da lui designata come suo riferimento visivo sulla scena dell’emergenza per la gestione dei soccorsi a distanza”.
In chiusura di comunicato, vengono poste nuove domande a De Falco. “E’ mai possibile che la motovedetta G104 della Guardia di Finanza oltre al messaggio diffuso sulla frequenza di soccorso alle ore 00:17 che annunciava che la nave si stava abbattendo e pertanto intimava a tutte le imbarcazioni di allontanarsi dalla Concordia non abbia mai fatto capire in modo chiaro e incontrovertibile a De Falco che la nave era abbattuta e affondata sul lato destro??? E’ sotto gli occhi di tutti che mio padre sta espiando la sentenza in religioso silenzio, invito pertanto nel rispetto delle vittime a fare altrettanto.
Ricordo che il 13 gennaio, non è un evento da celebrare ma una triste ricorrenza che non dovrebbe lasciare spazio ad autocelebrazioni ne generare onde emotive che potrebbero essere dannose per il sereno prosieguo degli iter giudiziari previsti dalla legge Italiana ed Europea. All’epoca dell’incidente ero appena quindicenne, se esiste, una scala di misurazione del dolore per quanto accaduto credo che il mio sia il più prossimo di coloro che sono colpiti negli affetti più vari. Rinnovo la mia più sincera e sentita vicinanza alle vittime espressa da mio padre al processo”.