Il sondaggio, che mette in luce i comportamenti sui social, mostra come molti di coloro che hanno abitudine a segnare post “scomodi” e non allineati presenti un denominatore comune.
Una delle figure più arcigne per chi naviga in rete e frequenta usualmente i social network è quella dei “segnalatori seriali”. Si tratta di coloro che, nello scorrere le bacheche virtuali sui propri telefonini, hanno l’abitudine di bloccare i profili degli altri utenti, segnalando i contenuti che non condividono e tentando di imporre, per così dire, un vero e proprio bavaglio nei confronti degli autori di qualsiasi esternazione che non rispecchi al contrario le proprie opinioni.
Il curioso sondaggio che è stato realizzato negli Usa da Yougov dimostra che dietro questo genere di comportamenti ci sarebbe un’appartenenza politica ben precisa. La maggior parte di coloro che adottano regolarmente questo metodo per mettere a tacere gli altri appartiene alla sinistra, o comunque la pensa in maniera progressista.
Il think tank liberista americano Cato Institute, che ha commissionato il sondaggio, ha infatti spiegato che si tratta di un atteggiamento “fortemente legato all’ideologia politica”. Se si scende nei dettagli, emerge che due persone su tre, il 65 per cento, di coloro che si definiscono “strong liberals” e cioè appartenenti alla sinistra più radicale hanno fatto, almeno una volta, una segnalazione sui social.
Una percentuale molto più alta degli “strong conservators”, il cui numero di persone che avrebbe fatto segnalazioni si limita solamente a meno di una su quattro, precisamente il 24 per cento del totale degli intervistati. Dati da cui si desume, quindi, che chi la pensa in maniera affine alla sinistra politica si comporta di solito in maniera più illiberale, almeno per quanto riguarda la navigazione sui social network.
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Un risultato che il quotidiano Libero definisce qualcosa di analogo a una “cancel culture da divano, quella che non abbatte le statue in piazza ma i post degli altri su Facebook”. Il quotidiano diretto da Vittorio Feltri afferma che si tratta di un vizio radicato nell’ideologia di progressista, molto liberale (almeno) a parole ma altrettanto coercitiva, però, nei fatti. “È la sinistra col ditino alzato di una volta, la razza moralmente superiore diventata più ottusa dell’algoritmo e che si rivolge all’autoritàgiudicante”, scrive il quotidiano.
Se si va poi a indagare nei meriti di queste segnalazioni, si nota che otto volte su dieci queste avvengono per motivi politici. Una tendenza che, peraltro, non riguarda solamente i più radicalizzati, ma tocca anche coloro che si definiscono parte di una sinistra più moderata, che negli Stati Uniti si definiscono “liberal”. Anche per loro, emerge una sorta di convinzione di essere sempre dalla parte giusta, o comunque una volontà di mettere a tacere l’avversario.
Un modo di partecipare all’agone politico che un conservatore potrebbe quindi definire “giacobino”, o comunque pregno di elitarismo e presunta “superiorità morale”. Oppure, di metodi non troppo democratici. Anche se il sondaggio spiega inoltre che tutto questo è anche determinato da una tendenza generale, degli americani, a non fidarsi affatto delle società di social media.
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Tre persone su quattro, infatti, credono fermamente che non siano adatti a fare prendere decisioni eque e scevre da condizionamenti di altra natura rispetto alla verità e al bene morale della collettività. Tuttavia, anche in questo caso sono coloro che si identificano nella sinistra a fidarsi maggiormente dei social. Se infatti i liberal scettici sui social vanno dal 59 al 72 per cento, nell’universo conservatore questa percentuale di diffidenza arriva fino a nove persone su dieci, con una percentuale che va dall’88 al 90 per cento.