Sono passati quasi 20 anni esatti da quel 30 gennaio 2002, giorno in cui uccise il figlio Samuele. La donna ha trascorso tre giorni nell’abitazione insieme a suo marito Stefano Lorenzi. Non è la prima volta che torna in quella casa, a piena disposizione della famiglia dopo il contenzioso con l’avvocato Taormina.
Tre giorni nella villetta del delitto in occasione dell’ultimo Capodanno. Sono passati quasi 20 anni esatti da quel tragico 30 gennaio 2002, giorno dell’omicidio da parte di Annamaria Franzoni del figlio Samuele. La donna, insieme al marito Stefano Lorenzi, ha trascorso la notte di San Silvestro nella casa di Cogne. Non è la prima volta che torna nell’abitazione di frazione Montroz da quando ha scontato i 16 anni di pena (poi ridotti a 11) per l’uccisione del bambino. Era già successo nel novembre del 2018, quando era stata notata da alcuni vicini all’interno dello chalet. A giugno 2021, invece, era finito il contenzioso tra la famiglia Franzoni e l’avvocato Carlo Taormina. La villetta rischiava di finire all’asta.
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Era stata dichiarata estinta (da parte del tribunale di Aosta) la procedura esecutiva che era stata avviata dopo le lamentele del legale per alcuni mancati pagamenti di onorari difensivi. Una cifra superiore ai 275mila euro, diventato 450mila nell’atto di pignoramento. La villa, il 23 marzo 2013, era stata dissequestrata in presenza di Stefano Lorenzi. La casa quindi era tornata nella disponibilità della famiglia. Correlate c’erano state questioni legate a un turismo macabro alla villa stessa. Annamaria Franzoni aveva denunciato questa situazione al Tribunale di Aosta ed era comparsa come testimone e parte civile a un processo per violazione di domicilio a carico di una cronista e del suo operatore (poi assolti).