Domani scatta il giorno X per il rientro a scuola: le famiglie esprimono i timori, i governatori sono divisi e i sindaci decidono autonomamente. Si rischia il caos.
Domani sarà un’altra data da cerchiare in rosso sul fronte della pandemia. Il 10 gennaio è il giorno in cui riapriranno le scuole, e fra dubbi, ansia e perplessità, un solo dato appare ormai certo. Durante la pausa in più occasioni sono arrivati annunci su controlli, screening di massa, tamponi davanti agli istituti per permettere agli studenti di rientrare in classe limitando il rischio di contagi. Nulla di tuto ciò è stato fatto e il tempo è scaduto. Restano quindi i numeri ad alimentare la paura. I contagi decollano, i presidi hanno chiuso prima di Natale con pochi casi di Covid e sono già in allerta per le chiamate dalle famiglie che comunicano le assenze dovute al virus.
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Resta anche il problema degli asintomatici. In assenza di controlli la diffusione può correre veloce, rischiando quindi di trasformare la didattica in presenza nella tanto temuta Dad, che dovrebbe rimanere l’ultima soluzione per non bloccare l’anno scolastico. In un quadro d’incertezza, la scuola torna al centro del dibattito. De Luca ha già chiarito che in Campania i cancelli delle scuole saranno chiusi, e i sindaci nei comuni italiani hanno adottato la stessa decisione in attesa che i dati portino tranquillità. Nessuna direttiva, non una linea comune, e il pericolo della Dad cresce. Il timore però è per le decisioni delle famiglie, che in un quadro in cui è difficile orientarsi, potrebbero prendere decisioni autonome.
Il rischio è che molte famiglie possano autonomamente scegliere di lasciare a casa i figli per paura del contagio. Una sorta di “anarchia scolastica” dettata dalla mancanza di linee comuni. Alcune regioni hanno già chiarito che non si riaprirà. Lo ha fatto De Luca in Campania, mentre in Sicilia il rientro slitta di 72 ore. Almeno. In sostanza il rischio è che si vada in ordine sparso. Il ministro Bianchi però non molla e ribadisce di non ammettere decisioni autonome come quelle prese in Campania e Sicilia.
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Il braccio di ferro quindi prosegue. Il timore è che la diffusione repentina a scuola possa pesare maggiormente sul sistema sanitario e sul numero dei contagi, già altissimo in Italia. Dal governo non arrivano aperture ma solo l’indicazione precisa di andare avanti. E come sempre purtroppo saranno i numeri a chiarire se la scelta di aprire è corretta o meno. In mezzo però ci sono i giovani, che hanno eseguito le indicazioni per il contenimento partecipando in massa alla campagna vaccinale. Un prezzo da pagare forse troppo alto e sulla pelle di chi avrebbe forse il diritto di rientrare dopo controlli approfonditi e senza paura.
Nel braccio di ferro, in sostanza, gli studenti restano in mezzo. In attesa di capire cosa accadrà, e se le riaperture avranno un effetto pesante sulla crescita dei contagi che rimanderà probabilmente la Dad solo di qualche settimana. La speranza è di evitare tale rischio, ma in due settimane di stop è stato fatto poco, fra promesse disattese e immobilismo. I presidi e i governatori attendono. Con la speranza di poter evitare un caos contagi molto temuto.