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ESCLUSIVA – Mimun: “30 anni di successi ed emozioni pazzesche, ma è l’inizio”

Published by
Daniele Magliocchetti

Parla uno dei direttori di telegiornale più longevi della tv: “La cosa più bella non sono le notizie, ma l’amicizia con Mentana e Sposini”

Il compleanno più bello, affascinante e senza alcun dubbio il più emozionate. Perché gli anni non sono pochi come non è poco il successo ottenuto in questi lunghi ed incredibili trent’anni di televisione e telegiornale. Il Tg5 spegne 30 candeline e le celebrazioni sono tante, ma il direttore Clemente Mimun, a Notizie.com, ci tiene a ribadire subito un aspetto di tutto questo tempo: “Lo sa qual è la la cosa più bella? Non è stato dare o meno una notizia ma il modo in cui è nato il giornale e la grande amicizia che c’era tra Mentana me e Lamberto Sposini. Con loro è nato un telegiornale moderno e avveniristico, ma anche il fatto di essere riusciti a creare e fare in modo che la redazione fosse coesa unita negli obiettivi e il successo che ha avuto il telegiornale fin dall’inizio“.

Il direttore del TG5 Clemente Mimun (screenshot-notizie.com)

Il direttore del TG5 non ha una classifica delle notizie belle o brutte che sono state date in questi ultimi trent’anni, ma sa perfettamente quanto ha dato e che tipo di lavoro è stato fatto per arrivare ad un successo del genere: “Notizie belle o brutte nel nostro lavoro si alternano continuamente, non ce l’ho perché le notizie più belle, diciamo che non siamo riusciti ancora a darle. Sono tutte cose episodiche, magari un pizzico d’emozione in più quando abbiamo dato con grande gioia la liberazione di Farouk Kassam (il bambino che venne rapito in Sardegna il 15 gennaio del 1992 e liberato l’11 luglio dello stesso anno ndr), ma purtroppo anche la notizia della morte di Falcone e Borsellino“.

“Siamo un diamante nel futuro ma non mancano le corazzate”

Il direttore del TG5 allo stadio Olimpico durante una partita della Lazio, una delle sue passioni (foto Ansa)

Il nostro mestiere – spiega a Notizie.com – è un alternarsi di cose emozionanti alcune brutte e terribili, alcune belle, poche per la verità. Devo ammettere che queste classifiche non ce l’ho nella testa anche perché non facciamo in tempo a darne una che ne arriva un’altra. Il successo del TG5? E’ il telegiornale più seguito da un pubblico che va da una fascia dai 15 ai 64 anni, il pubblico più pregiato per la pubblicità. Il Tg1 fa numeri maggiori, ma ha anche un organico che è due volte e mezzo il nostro, conta su 700 giornalisti che lavorano con le sedi regionali, più 15 corrispondenti all’estero. Noi siamo da trenta anni il primo telegiornale per il pubblico tra 15-64 ed era l’obiettivo dell’azienda

Clemente Mimun va avanti per la sua strada e non tralascia nessun dettaglio: “Ci sono tre direttrici che ci hanno dato la spinta: dare un prodotto di qualità, fare buoni ascolti e stare nel budget previsti. E in tutti e tre i casi ci siamo riusciti alla grande. Grazie anche a Pier Silvio Berlusconi che ci ha fornito dei mezzi tecnici più moderni. Facciamo 10 milioni al giorno, suddivisi nelle varie edizioni, abbiamo spettatori che ci portiamo dietro da trenta anni, siamo nati nel 1992, il Tg1 nel 54. E’ come se un tempo in un viale c’era solo un ristorante, poi è arrivato il secondo ristorante, che siamo noi, e nel frattempo negli anni se ne sono aggiunti altri 4-5-6, alcuni dei quali molto potenti che stanno facendo informazione, vedi Amazon e altri grandi network. La partita sarà sempre più complicate e una delle sfide principali sarà quella di essere sempre moderni dal punto di vista tecnologico, cercando di essere sempre capaci a fare soprattutto lo slalom dalle fake-news che arrivano dal web“. Infine il modello o meglio, l’ispirazione: “Ho il culto del lavoro, lavoro da quando ho 17 anni. Modello? Tanti anni fa andai al funerale del papà di un mio caro amico Diego Della Valle, il papà si chiamava Doro e il sacerdote quando ha ricordato il defunto ha detto che quando si incontravano loro due, gli chiedeva sempre: ma perché sei sempre così sereno  e lui rispondeva perché la mattina so dove andare. E lui andava in fabbrica a lavorare. Ecco, per me è la stessa cosa”.

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Daniele Magliocchetti