Manca poco all’atteso Report sugli abusi in Germania, in particolare per le accuse della Chiesa tedesca contro il Papa emerito Benedetto XVI.
In Vaticano sono quindi momenti concitati, e molti si chiedono che cosa accadrà nelle prossime 48 ore. Nel rapporto che sta per uscire, analogamente a quanto accaduto nei mesi scorsi in Francia con il Rapporto Sauvè promosso dall’episcopato francese, saranno infatti riportate tutta una lunga serie di informazioni riguardanti le coperture fornite ai pedofili nella diocesi di Monaco di Baviera in un arco temporale che va dal dopoguerra fino al 2019.
Quello che si aspetta quindi, anche in questo caso, è un documento dai tratti fortemente “scandalistici” e che stavolta dovrebbe tirare persino in ballo il Papa emerito, il cardinale Joseph Ratzinger, che dalla sua può tuttavia vantare il merito di essere stato colui che ha dato il via in Vaticano alla lotta agli abusi all’interno della Chiesa cattolica durante gli anni del suo Pontificato, con la riduzione allo stato laicale di 400 sacerdoti tra il 2011 e il 2012. Molti ricordano le sue parole, poco prima di diventare Papa, nel 2005, sulla “sporcizia nella Chiesa” durante le meditazioni delle 14 stazioni della Via crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
A produrre il documento è stato uno studio di avvocati tedeschi, lo Westpfahl Spilker Wastl, che ha passato in rassegna tutti gli arcivescovi che negli anni si sono succeduti alla guida della Diocesi tedesca. Indicando la loro azione di contrasto agli abusi del clero locale, o se si sono verificati eventuali insabbiamenti.
Tra questi, c’è anche il nome di Ratzinger, che ha guidato la diocesi per lunghi anni. Il caso specifico riguarda un prete, Peter H. (il cui nome completo è ben noto alle cronache e citato in numerosi articoli degli anni passati e presenti in rete), che tra il 1973 e il 1996 ha abusato di 23 ragazzi dagli 8 ai 16 anni.
Questo religioso era una figura che godeva di una certa fiducia da parte delle gerarchie del clero locale, e l’accusa è che non sia stato fatto abbastanza per fermare la sua azione criminale. Il religioso fu infatti condannato a pagare una somma alla fondazione per bambini Tabaluga ma non venne dimesso dallo stato clericale.
LEGGI ANCHE: Papa, vaccini: “Serve una cura di realtà”. Poi attacca la cancel culture
Ratzinger avrebbe quindi la colpa di essere stato vescovo di Monaco quando il religioso venne trasferito in un primo momento, nel 1980, da Essen a Monaco, dove abusò nuovamente di altri ragazzi. Il religioso aveva con sé una diagnosi di Disturbo narcisistico di base con pedofilia ed esibizionismo. L’accusa è che il Papa emerito sarebbe stato a conoscenza dell’amissione a Monaco di questo sacerdote, e tuttavia non avviò alcuna indagine preliminare o in alternativa un procedimento penale ecclesiastico.
Lo studio che ha prodotto il rapporto è tuttavia già noto per il rapporto dell’arcidiocesi di Colonia, che venne successivamente bloccato per lacune di tipo giuridico ma allo stesso tempo anche per diverse violazione dei diritti dei coinvolti. La stessa Chiesa tedesca già da tempo ha ingaggiato un duro testa a testa con la Santa Sede, tanto che una delle personalità più influenti, il cardinale Reinhard Marx, membro del gruppo C9 di cardinali incaricati di portare avanti la riforma della Curia Romana, ha rimesso la sua posizione al Papa, che però ha negato la richiesta lasciandolo al suo posto.
Gli argomenti di discussione sono numerosi, con la Chiesa tedesca schierata su posizioni particolarmente “progressiste” su questioni come l’apertura verso la comunità lgbt e persino sul tema del celibato sacerdotale, che si pensava si sarebbe discusso nell’ambito dell’ultimo Sinodo Vaticano sull’Amazzonia. Emblematico è stato l’appello dei giovani cattolici tedeschi per la proposta di scrivere “Dio” con l’asterisco, in salsa “gender-free”, scatenando polemiche ma anche ironie.
Ratzinger ha fin da subito smentito le accuse nei suoi confronti, e lo ha fatto ancora una volta attraverso il suo Segretario particolare, Mons. Gaenswein, che ha ribadito il fatto che l’allora vescovo di Monaco non sapeva nulla di questo caso. “L’affermazione che fosse a conoscenza dei precedenti al momento in cui è stata presa la decisione di ammettere il sacerdote H. è falsa”, ha ribadito Gaenswein, sottolineando che Ratzinger “non era a conoscenza della storia precedente e delle accuse di violenza sessuale”.
L’accusa che andrà tuttavia ulteriormente smentita è quella che vede sempre Ratzinger non prendere provvedimenti dopo la sua nomina nel 1982 a prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè l’ex Sant’Uffizio, l’organo incaricato di trattare casi come questo.
Nel 1986 Peter H. fu dichiarato colpevole degli abusi di undici ragazzi di età compresa tra 13 e 16 anni, con il tribunale distrettuale di Ebersberg che lo condannò a 18 mesi di libertà vigilata e a una multa di 4.000 marchi tedeschi. Nel 1987 lo stesso religioso tornò a Garching an der Alz, dove visse per altri 21 anni tornando persino a rivestire il ruolo di viceparroco.
LEGGI ANCHE: Il Covid sbarca in Vaticano: positive le due figure più vicine al Papa
Altre accuse riemergono nel 2006, per atti prescritti dal diritto penale e ancora perseguibili dal diritto canonico, e nel 2008 alla guida della diocesi di Monaco arriva il nuovo arcivescovo, il cardinale Reinhard Marx. Ora in Germania molti attendono la pubblicazione del Rapporto, attesa per il 20 gennaio, in cui si dovrà fare chiarezza definitiva sulla vicenda.