Più di un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà: il bilancio della Commissione del ministero del Lavoro
Spesso il lavoro non basta: si può finire in povertà anche avendo un’occupazione. La Commissione sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia del ministero del Lavoro, voluta dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando, ha presentato il suo Rapporto conclusivo 2021.
I dati non sono affatto positivi: un quarto degli occupati ha infatti una retribuzione bassa e più di un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà. Le categorie più a rischio sono i lavoratori occupati solo pochi mesi all’anno o a tempo parziale e i lavoratori autonomi, monoreddito e con figli a carico. Già nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media europea del 9,2%. “La povertà è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro, quante ore a settimana e quante settimane in un anno; la composizione familiare, e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo; e il ruolo redistributivo giocato dallo Stato”, si legge nel documento.
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Proprio per questo, la povertà lavorativa necessita di una strategia complessa che faccia uso di più strumenti tra loro integrati. Un primo strumento potrebbe essere l’adozione del salario minimo solo nei settori di maggior crisi. Infatti, garantire minimi salariali adeguati potrebbe essere una condizione necessaria, ma non sufficiente, per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti. Si potrebbero dunque “estendere i contratti collettivi principali a tutti i lavoratori oppure introdurre un salario minimo per legge”, fa sapere la task force. Poi, una volta fissato un minimo salariale per via contrattuale o legale, è essenziale che questo minimo sia rispettato. Per questo, la seconda proposta consiste nel “rafforzare la vigilanza documentale”.
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“Al di là della fondamentale attività ispettiva, il Gruppo considera cruciale potenziare anche l’azione di vigilanza documentale, cioè basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle Amministrazioni pubbliche costruendo indici di rischio a livello di impresa o settore per permettere un confronto sulle anomalie riscontrate e, in caso di persistenza nel tempo, studiare strategie di intervento soft oppure guidare la vigilanza ispettiva“, scrive la task force. La terza proposta riguarda l’introduzione di un “in-work benefit”, uno strumento unico di incentivo a chi lavora. La quarta proposta propone invece di incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese” mentre la quinta mira a promuovere una revisione dell’indicatore Ue di povertà lavorativa, per estendere la platea di riferimento.