Cresce la persecuzione anticristiana nel mondo, con numeri a dir poco allarmanti. Si parla di oltre 360 milioni di cristiani che ogni giorno vivono persecuzioni e discriminazioni, fino all’uccisione.
Tra i Paesi, al primo posto nella triste classifica delle discriminazioni c’è l’Afghanistan, che ha superato dopo venti anni la Corea del Nord, che è scesa al secondo nonostante anche al suo interno la persecuzione contro i cristiani stia comunque aumentando.
Il quadro mostra perciò che un cristiano su sette è vittima di discriminazione nel mondo, mentre il numero di coloro che sono uccisi a causa della loro fede sale a 5.898, mille in più dell’anno precedente, che significa un incremento del 23 per cento. A mettere in luce questo scenario rosso sangue è l’associazione “Porte Aperte”, che li a presentati a Roma alla Camera dei Deputati.
Questi dieci Paesi in cui è maggiore la persecuzione contro i cristiani sono infatti, in fila, Afghanistan, Corea del Nord, Somalia, Libia, Yemen, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India. Complessivamente, nello studio sono stati monitorati un centinaio di Paesi. Le conclusioni indicano che in termini assoluti la persecuzione è aumentata, mentre il numero dei Paesi che vive un livello definibile alto, molto alto o estremo è cresciuto da 74 a 76.
L’epicentro di massacri è la Nigeria, dove sono state 4.650 le uccisioni, che la fanno collocare insieme ad altre nazioni dell’Africa Sub-Sahariana in cima alla liste delle terre in cui maggiormente si spiega la violenza anticristiana. Tra le prime dieci nazioni in cui ci sono un maggior livello di atti contro i cristiani, le nazioni africane sono sette.
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Fenomeni che fanno registrare un sempre maggior numero di cristiani in fuga, creando così la condizione di una vera e propria Chiesa “profuga”. Un altro aspetto interessato evidenziato dal dossier è che molti governi autoritari utilizzano le restrizioni dovute alla pandemia per indebolire le comunità cristiane.
Non c’è inoltre solo la Cina a mettere in atto un controllo sulla libertà religiosa, il cui modello è imitato da altri Paesi, mentre in Paesi come il Pakistan cresce il dramma legato agli stupri e ai matrimoni forzate delle donne appartenenti alla comunità cristiana.
Una scenario che, ha dichiarato il direttore di Porte Aperte/Open Doors Cristian Nani, “è motivo di profonda preoccupazione”. Specialmente per quanto riguarda il primo posto della lista, l’Afghanistan, che “oltre all’incalcolabile sofferenza per la piccola e nascosta comunità cristiana in Afghanistan, manda un messaggio molto chiaro agli estremisti islamici di tutto il mondo: continuate la vostra brutale lotta, la vittoria è possibile”.
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“Gruppi come lo Stato Islamico e l’Alleanza delle Forze Democratiche ora ritengono che il loro obiettivo di costituire un califfato islamico sia di nuovo raggiungibile”, ha spiegato Nani, invitando a “non sottovalutare il costo in termini di vite umane e miseria, che questo ritrovato senso di invincibilità sta causando”.