La fotografia di straordinaria attualità che ha scattato Bergoglio nel suo messaggio ai giornalisti e ai comunicatori, riguardante la realtà dei social network e i suoi vizi, sempre più marcati e diffusi.
Nel suo messaggio inviato per la 56esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali Francesco ha toccato un punto che riguarda da molto vicino la società contemporanea, e in maniera molto più determinante di quanto l’apparente leggerezza dell’argomento faccia pensare.
“Una tentazione sempre presente e che oggi, nel tempo del social web, sembra essersi acuita è quella di origliare e spiare, strumentalizzando gli altri per un nostro interesse“, ha detto Francesco nel suo messaggio, il cui soggetto ripetuto per una trentina di volte circa in poche cartelle di testo è proprio il verbo “ascoltare”.
Il male del “chiacchiericcio” su cui Bergoglio punta il dito
Ma l’esortazione ai comunicatori è quella di “andare e vedere”, una volta si sarebbe detto di “consumare la suola delle scarpe”, piuttosto che limitarsi ai pettegolezzi che non scavano la realtà dei fatti. Ad esempio, provando ad “ascoltare più fonti” e “non fermarsi alla prima osteria”, perché è solo questo che “assicura affidabilità e serietà alle informazioni che trasmettiamo”.
Numerose volte infatti Bergoglio, nelle sue omelie, discorsi, predicazioni, ha individuato nel “chiacchiericcio” un nemico molto importante della convivenza civile, che danneggia i cuori e le vite delle persone talvolta in maniera molto più determinante di quanto si possa pensare. Specialmente se questo parlare alle spalle avviene su larga scala, nel mondo della comunicazione o sui giornali ad esempio.
LEGGI ANCHE: Il Papa invita a guardare ai “tanti nuovi ultimi” che ha causato la pandemia
“La spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada”, dice infatti l’Antico Testamento, nel Libro del Siracide. Bergoglio ha fatto suo questo assunto in maniera molto particolare e personale, tanto da intravedere questo male come particolarmente diffuso nella società della comunicazione di massa in cui si interagisce, spesso in maniera tutt’altro che buona e morale. “C’è un uso dell’udito che non è un vero ascolto, ma il suo opposto: l’origliare”, è un passaggio del suo testo.
L’invito di Papa Francesco a giornalisti e comunicatori
Diversamente però dall’atteggiamento denunciato, ha spiegato il Papa, “ciò che rende la comunicazione buona e pienamente umana è proprio l’ascolto di chi abbiamo di fronte, faccia a faccia, l’ascolto dell’altro a cui ci accostiamo con apertura leale, fiduciosa e onesta“.
La pandemia e la gestione della comunicazione in questi due anni drammatici non possono che essere un grande esempio, purtroppo in negativo, di questa dinamica. Tante informazioni sovrapposte in maniera caotica e frenetica, spesso discordanti tra loro, hanno generato negli ultimi anni un clima sociale di grande tensione e sfiducia, quando non di vera e propria avversione verso le istituzioni.
Francesco ha denunciato questo meccanismo utilizzando il neologismo, coniato proprio negli ultimi anni, di “infodemia”. “Tanta sfiducia verso l’informazione ufficiale ha causato anche un’infodemia, dentro la quale si fatica a rendere credibile e trasparente il mondo dell’informazione”, ha spiegato il Papa.
“In molti dialoghi noi non comunichiamo affatto”, è l’amara constatazione. Mentre invece “bisogna porgere l’orecchio e ascoltare in profondità, soprattutto il disagio sociale accresciuto dal rallentamento o dalla cessazione di molte attività economiche”. “Solo se si esce dal monologo, si può giungere a quella concordanza di voci che è garanzia di una vera comunicazione”, è il monito.
LEGGI ANCHE: Pedofilia, Camisasca: “E’ una trama anti-Ratzinger che viene dalla Chiesa”
L’invito a giornalisti e ai comunicatori, a differenza delle tante previsioni accademiche sempre più centrali e attivi in un mondo dominato dalla comunicazione, è quello di non fermarsi alla superficie degli eventi, come purtroppo accade con molta più facilità nonostante la sovrabbondanza di informazioni, ma di andare in profondità e cogliere l’essenza di ciò che si racconta.