A brevissima distanza dalla pubblicazione del Report della Chiesa tedesca sugli abusi, arriva il coming out di un centinaio di fedeli. Trasmesso in esclusiva dall’emittente pubblica.
Da giorni infatti non si fa che parlare del Report tedesco come di un vero e proprio “attacco coordinato” al Papa emerito Joseph Ratzinger, figura di riferimento di una Chiesa meno attenta alla modernità e ai tempi che cambiano e più ai valori immutabili e “non negoziabili” della cristianità, definizione con copyright dello stesso Benedetto XVI.
Le accuse di essere stato impreciso e poco attento sulle vicende di un sacerdote pedofilo risalenti a quasi mezzo secolo fa, che Ratzinger ha rimandato al mittente affermando che dei suoi crimini non ne era a conoscenza al momento del trasferimento di cui è stato oggetto il prete incriminato, nella diocesi da lui guidata, sono sembrate a molti una forzatura. Il Papa emerito ha fatto sapere che, una volta letto il documento di cento pagina, risponderà puntualmente agli attacchi. Ma che ci vorrà qualche giorno, vista la sua età (94 anni) e la specificità e la complessità del documento in cui sono presenti le accuse nei suoi confronti.
L’attacco a Ratzinger e il coming out hanno un legame?
Nella Chiesa è cresciuto così in questi giorni il fronte di coloro che parlano di un attacco gratuito, o meglio, ben interessato, da un progetto portato avanti dalla Chiesa tedesca, da tempo in lotta con Roma per l’intenzione di intraprendere una direzione particolarmente “progressista”, su temi molto delicati per la cristianità. Come ad esempio il celibato sacerdotale, il sacerdozio femminile, l’inclusione del mondo lgbt, magari fino ad arrivare al “matrimonio omosessuale” con la benedizione dei preti stessi.
Dopo l’eccezionale coming out che ha avuto luogo non in un ambiente riservato e nascosto, ma sull’emittente pubblica nazionale tedesca, da parte di oltre centro persone tra preti, insegnanti di religione e dipendenti della Chiesa, è sembrato a molti null’altro che il passo successivo di questa “operazione” coordinata nel mondo cattolico teutonico, come definita tra i tanti dall’ex prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, o dall’uscente vescovo di Reggio Emilia, Mons. Massimo Camisasca.
Si tratta di un centinaio di fedeli lesbiche, gay, bisessuali e transgender, tutti dipendenti o collaboratori nella Chiesa tedesca, che hanno fatto il loro coming out in documentario realizzato dal primo canale della tv pubblica tedesca, Ard, e che era quindi già pronto da tempo per essere lanciato in prima serata.
Tra questi ci sono preti, monaci, suore, educatori ed educatrici, insegnanti, dottoresse e infermiere delle cliniche cattoliche, oppure referenti della Caritas, o impiegati della curia stessa. La loro richiesta, alla Chiesa, è semplicemente che smetta di “escluderli”, e quindi anche di mettere a rischio la loro posizione lavorativa. Che si traduce, però, con una richiesta di modifica alle “regole” della Chiesa, piuttosto che un’accettazione da parte loro delle stesse, come viene invece loro chiesto.
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La vita della Chiesa tedesca infatti scorre con un approccio peculiare spetto al fenomeno religioso e alla centralità di Roma, d’altronde fin dai tempi di Martin Lutero e della riforma protestante. Da anni si parla del rischio di uno scisma tra Roma e Berlino, che Papa Francesco continua a cercare di scongiurare in tutti i modi. Con questo “appello” sulla tv nazionale tedesca, il passo a questo punto compiuto sembra essere più aggressivo.
Cosa differenza la Chiesa tedesca dalle altre
La Chiesa cattolica in Germania ha un’impostazione strutturale molto particolare, diverso da quello italiano ma anche da tutte le altre Chiese nel mondo. La Costituzione tedesca garantisce infatti alla Chiesa di stabilire le sue regole interne, tra cui c’è la clausola di lealtà che obbliga i dipendenti della Chiesa cattolica a vivere e comportarsi secondo la sua dottrina.
Gli aderenti alla Chiesa cattolica in Germania pagano inoltre una vera e propria tassa obbligatoria, imposta dallo Stato e presente anche in altri Paesi come Danimarca o Svizzera, pari all’8-9 per cento delle proprie imposte. Chi non la paga rischia una “scomunica”, il che è paradossale se si pensa all’origine della riforma protestante dovuta proprio alla questione della vendita delle indulgenze. In questo caso più moderno, ad essere “venduta” in un certo senso è l’appartenenza stessa alla fede cattolica.
Molti sostengono che la Chiesa in Germania sia l’azienda più ricca del Paese, con un patrimonio valutato oltre 500 miliardi di euro e un gran numero di dipendenti, che la Chiesa stessa può liberamente licenziare nel momento in cui non si attengono alle regole stabilite. A differenza ad esempio di quanto accade in Italia, dove la discriminazione sul lavoro è sempre vietata.
Vivere apertamente la propria omosessualità, sposare una persona dello stesso sesso o essere transgender rappresentano quindi violazioni del patto che hanno sottoscritto, e oggi la richiesta delle persone in queste condizioni di vita è di rivedere questa clausola. Gli autori del documentario hanno seguito questi fedeli per dieci anni, intervistandoli e chiedendo il loro parere. Tra queste, ci sono persone che si sono nascoste per anni.
Ci sono anche religiosi e persino un vescovo, tra gli intervistati. Tra questi, figura il prete gesuita Ralf Klein, omosessuale dichiarato, parroco di due chiese ma che secondo il Vaticano non avrebbe mai dovuto diventare sacerdote. Tuttavia, secondo Klein la sua omosessualità non cambia nulla rispetto alla sua vocazione. “Se io come prete prometto di non avere relazioni sessuali, la questione se io sia etero o omosessuale diventa irrilevante”, ha spiegato nel documentario.
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Dal suo canto, Ratzinger da tempo indicò come, tra i problemi da affrontare nella Chiesa, non c’è solo la pedofilia nel clero ma anche il tema dell’omosessualità. Spesso, le due cose si sono sovrapposte nel momento in cui si è parlato di abusi all’interno dei seminari, come accaduto nel caso del potente ex cardinale americano Theodore McCarrick, e uno dei temi di cui si parlò anche al Sinodo vaticano sugli abusi è stato quello di un maggiore controllo all’ingresso nei seminari. Ad esempio, sottoponendo dei test psicologici agli aspiranti sacerdoti. Ma con la questione che vorrebbe porre la Chiesa tedesca, tutto si complicherebbe ulteriormente.