Continuano le indagini sul tragico decesso di Camilla Canepa a pochi giorni dalla somministrazione di una dose di Astrazeneca: le procedure dell’ospedale non seguirono protocollo per i pazienti con possibile Vitt
Una morte assurda, sulla quale si sta indagando a fondo per arrivare a una verità dovuta soprattutto nei confronti della vittima stessa e della sua famiglia. Sono trascorsi oltre sette mesi da quando Camilla Canepa è deceduta per una trombosi. Era il 10 giugno, aveva appena 18 anni, e qualche giorno prima, il 25 maggio, si era sottoposta al vaccino contro il Covid-19. La ragazza era andata a un Open Day, dove le avevano somministrato una dose di Astrazeneca e a partire da quel momento è iniziato un rapido calvario che l’ha condotta al decesso.
Su questo pesano però alcune presunte lacune da parte della struttura ospedaliera di Lavagna che l’ha presa in consegna il 3 giugno, giorno in cui Camilla si era presentata per via di una fortissima cefalea e fotosensibilità. All’indomani era stata dimessa a seguito di una tac senza contrasto, nonostante nelle linee guida per diagnosticare la sindrome da vaccino, la “Vitt”, fosse esplicitamente previsto di eseguirne una con liquido di contrasto. Il 5 giugno la diciottenne era tornata d’urgenza in ospedale per il peggioramento drastico della situazione a causa di una trombosi al seno cavernoso, per questo motivo era stata trasferita immediatamente presso il policlinico San Martino di Genova per un intervento chirurgico alla testa, che però non era stato sufficiente per scongiurarne la morte, avvenuta il 10 giugno.
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Una tragedia sulla quale si sta cercando di fare luce, per capire come mai non sia stato adottato sin dal suo primo ricovero il protocollo specifico. Fino a questo momento l’ospedale di Lavagna aveva detto di non essere al corrente della vaccinazione dei giorni precedenti, tanto che nella documentazione del ricovero non è presente questa informazione fondamentale.
Dalle indagini in corso portate avanti dai pubblici ministeri Francesca Rombolà e Stefano Puppo, insieme al procuratore Francesco Pinto, sarebbe emerso però l’esatto contrario, ossia che il personale ospedaliero fosse stato pienamente al corrente del quadro clinico da parte della ragazza. Questo è anche la stessa versione della famiglia di Camilla. A testimonianza di ciò c’è anche un messaggio inviato dalla 18enne a un amico il giorno della primo ricovero, in cui scriveva di essere trattenuta in ospedale per via del vaccino.