“Vittima di Revenge Porn, non potevo uscire di casa” l’appello dell’arbitro

Arbitro di calcio vittima di Revenge Porn: si chiama Diana Di Meo e nelle ultime ore ha rilasciato un’intervista al programma ‘Pomeriggio Cinque’ condotto da Barbara D’Urso

La denuncia dell'arbitro Di Meo
Diana Di Meo (screenshot video Instagram)

Diana ha trovato il coraggio e la forza di parlare dopo che ha trascorso giorni terribili. Il motivo lo avete ben potuto capire dal titolo: la ragazza è stata vittima di Revenge Porn. Dei suoi video intimi stanno circolando in rete. All’inizio pensava si trattasse di uno scherzo, poco dopo ha capito che non lo era affatto. Tanto è vero che la 22enne, per vergogna o altro, ha preferito chiudersi in casa e non uscire. Neanche per andare a svolgere la sua passione, il suo hobby: arbitrare partite di calcio.

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Dopo giorni di silenzio ha deciso di aprirsi e di raccontare quello che pensa. Lo ha fatto direttamente rilasciando una intervista ai microfoni di Barbara D’Urso, durante il programma ‘Pomeriggio Cinque‘ su Canale 5. Quando le è stato chiesto come avesse scoperto il tutto ha risposto così: “Ho iniziato a ricevere chiamate e messaggi su Instagram. All’inizio non capivo, poi mi sono resa conto“. A quanto pare degli ignoti sono entrati nel suo cloud e si sono impossessati di immagini e filmati privati della ragazza e li hanno diffusi su Instagram.

Diana Di Meo: “La mia paura più grande è un’altra

La denuncia dell'arbitro DI Meo
Diana Di Meo (screenshot Instagram)

Video che sono arrivati anche a personaggi dello spettacolo che l’hanno voluta avvisare, “avvertendola” che qualcuno si era impossessato dei suoi file privati. In questo momento la polizia postale (dopo aver ricevuto la denuncia da parte della stessa 22enne) sta indagando su questa vicenda, con la speranza di trovare i colpevoli che le hanno fatto tutto questo.

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Inoltre ha voluto ricordare anche una cosa: “Anche solo cercare e trovare quei video è considerato un reato, anche se la mia paura più grande e che le foto dei miei nipotini finiscano nella rete della pedopornografia“.

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