Per i Cinque Stelle l’elezione del Mattarella Bis è tutt’altro che un successo. Tra chi parla di “partito in tilt” e chi più direttamente ipotizza il “processo a Conte”.
Per molti, è soltanto una questione di tempo. Forse di alcuni giorni, ma lo scontro all’interno del “fu” Movimento di Beppe Grillo è dato dai bookmakers quasi per scontato. Quello che invece resta un’incognita è l’avvenire dei Cinque Stelle. Si prospetta una dolorosa scissione?
Ogni certezza che era tale fino a qualche giorno fa, con l’elezione di Mattarella non lo è più. Il ritorno in campo del Presidente uscente sta sconquassando, di riflesso, le forze politiche prima, solo all’apparenza, granitiche. Neanche troppo, peraltro.
L’esacerbazione degli animi tra la corrente di Conte e quella di Luigi Di Maio, che prosegue da mesi, ha così ora il suo apice. Nel mentre, una fetta consistente di deputate e senatori pentastellati si muovono in autonomia, come hanno dimostrato durante l’elezione di Mattarella.
Conte, da far suo, con i suoi modi pacati e distensivi, promette un chiarimento. Pochi lo credono. Lui tira dritto per la sua strada e rivendica nientemeno che una vittoria, per di più su tutta la linea. A chi invece chiede che fine abbia fatto il profilo di “donna” che si voleva portare al Quirinale, lui stringe i denti e spiega: “Su questo, non siamo riusciti…”.
Su cos’altro, allora, si chiedono i commentatori politici, si è riusciti? La cosa più che fa uscire Conte dai gangheri è chi lo accusa di avere parlato troppo con Salvini, nonostante l’intento di accreditarsi come voce della sinistra, che twitta in sintonia con Letta e Speranza. “Fesserie, calunnie”, le liquida l’avvocato di Volturara Appula.
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La guerra con Di Maio è però, quella sì, palese. Scoppiata con la considerazione del giovane titolare della Farnesina sulla candidatura della diplomatica Elisabetta Belloni. “Non si possono bruciare i nomi così…”, ha scritto Di Maio commentando il nome dato in pasto ai cronisti da Conte.
Poche parole, ma che di fatto rischiano di incendiare il suo, di nome, quello dell’attuale leadership dei grillini. “Alcune leadership hanno fallito, anche nel M5S ora serve una riflessione politica interna“, è la certificazione in carta bollata di Luigi Di Maio, poche ore dopo. Che ora gioca a carte scoperte, puntando alla scalata, non solo ai Cinque stelle. Ma persino a premier, scrive Repubblica.
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Sullo sfondo, i membri un tempo movimentisti del partito grillino lavorano a una soluzione mediana, più establishment. Guadagnando però spazio, e soprattutto potere nelle retroguardie. Da “terzisti”, ma con un’occhio sempre attento a chi c’è “fuori” dal Palazzo. Ad esempio, Alessandro Di Battista. Nella speranza di un tempo che fu. C’è da chiedersi, però, se c’è davvero qualcuno che a questa ipotesi, al di là delle belle intenzioni sussurrate ai cronisti parlamentari, ci crede veramente.