Il voto della rielezione del Capo dello Stato ha provocato un vero terremoto dentro il Carroccio. Poi, l’incontro tra Giorgetti e Salvini.
Con la girandola di nomi che il centro-destra ha provato a proporre giorno dopo giorno, molti, compreso l’elettorato leghista, si aspettavano ben altra conclusione. Eppure l’impossibilità di giungere a un accordo e la mancanza di voti per decidere da soli era già palese a tutti.
Ora che la decisione è stata quella di tornare alla casella di partenza, richiamando in campo Mattarella, guardando indietro invece che avanti, inevitabile che non si palesino i malumori. Uno dietro l’altro. C’è già chi parla, in maniera irrisoria, di “Papeete bis”, riferendosi alla caduta del Conte uno nell’agosto 2019 per mano di Salvini, tra un Mojito e un inno di Mameli alla consolle.
L’incontro Salvini-Giorgetti e la pistola fumante sul tavolo
Repubblica oggi scrive che “sta per venire giù tutto nel fortino della Lega”. Tra Giancarlo Giorgetti, anima europeista e istituzionale della Lega non più nord nonché sponsor di Draghi al Colle, e Matteo Salvini c’è stato un solo faccia a faccia durato 75 minuti, nel gruppo della Lega a Montecitorio. Dove è però accaduto molto.
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Poco prima erano arrivate, come un fulmine in un cielo già terso, le dimissioni dello stesso Giorgetti dalla guida del Mise. Non ufficiali, ma ventilate, e poi subito ritrattate, nel nome di un governo che da ora in poi dovrà essere “compattissimo”. Per l’elezione di Draghi, stanno già pensando in tanti, si può forse più semplicemente aspettare un anno, tempo della fine naturale di questo esecutivo.
“Per alcuni questa giornata porta al Quirinale, per me porta a casa“, sono state le parole a caldo lasciate da Giorgetti ai cronisti, facendo intendere il ritorno in Lombardia, ma anche le dimissioni dal suo incarico nel governo Draghi. Dopodiché, il panico. Tutti, da Draghi a Salvini, cominciano a pensare che senza il big della Lega la prospettiva è di dieci meni di vero e proprio conflitto armato, con una campagna elettorale che comincerebbe un minuto dopo il passo indietro.
L’incontro tra Giorgetti e Salvini, che avviene poche ore più tardi, suona come una resa dei conti. Il primo, si dice estenuato dei fuochi di sbarramento, e soprattutto di lottare inutilmente contro le restrizioni anti-Covid. Il secondo, invece, lascia trapelare che se parte lui crolla tutto il castello leghista.
La crisi però rientra, con la promessa che da parte di Salvini lunedì si cambia, almeno nei toni. Una Lega più compatta e riflessiva sui dossier, più collegiale della decisioni, con approccio più orizzontale, teso a fare squadra invece che a obbedire e combattere?
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Questa è la speranza, almeno di Giorgetti. Che non è solo, ma dalla sua parte ha governatori come Zaia e Fedriga. Mentre Salvini, dalla rielezione di Mattarella, ne esce fortemente indebolito. Dopodiché, l’incontro finisce, e i due escono dall’ufficio di Montecitorio. La pistola fumante, per ora, è riposta nella fondina.