Il portiere è tornato a parlare della sua vita e dei suoi errori, ma sulle scommesse non accetta più leggende e racconta la verità sui fatti
Buffon e le scommesse, una vicenda sulla quale in tanti hanno fantasticato e costruito romanzi e, forse, inventato notizie e storie. Almeno questo è quello che racconta da sempre l’ex portierone della Nazionale e della Juve. Con entrambi ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Nel mondo è una leggenda, uno dei migliori portieri della storia del calcio, se non proprio il migliore. Una cosa di cui lui, giustamente, va fiero ma anche l’Italia, anche se, su questo ragazzo, da sempre, c’è una sorta di patina che ne offusca la gloria a tutti gli effetti e i livelli.
Quell’ombra sulle scommesse, di una persona malata per il gioco che, pur di farlo, forse, avrebbe commesso più di qualche errore. E, diciamola tutta, il pensiero generale che spesso circola su Gigi, sarebbe quello di essere stato graziato proprio perché si chiama Buffon e non Tizio o Sempronio. Ed è proprio questa cosa, questa piccola, insignificante patina, che Buffon in qualche mondo avverte e che, naturalmente, lo fa infuriare più di ogni altra cosa al mondo. Non la manda giù. Non è mai riuscita a farlo.
Guardando indietro la sua vita, il portiere nato a Carrara nel 1978 di errori ne ha fatti tanti e alla Gazzetta dello Sport spiega la differenza tra gli sbagli commessi, incluso la sua attività imprenditoriale, ma anche e soprattutto altro: “La scritta ‘boia chi molla‘ sulla maglia è stato un errore, con la consapevolezza di oggi. Io però ne ignoravo il significato, come per il numero 88. Quando si fanno investimenti, invece, ci sta che qualcuno possa andar male, e nel mio caso si è ammalata la persona che gestiva un’azienda“.
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Ma sul capitolo scommesse Gigi apre un file che nella sua testa è più che danneggiato, ma dal suo punto di vista, per questo ci tiene a spiegare la verità e come Buffon ha sempre vissuto il suo modo di scommettere e tutto quello che c’è dietro, ovvero nulla di più se non solo il gioco. “In Italia ci si sofferma sugli errori, per felicità da disgrazia altrui, ma io ho pagato tutto con la mia faccia: morirò con la felicità di essermi speso e aver vissuto. Le scommesse sono l’attacco più vergognoso. Mi dà fastidio sia stata messa in dubbio la mia correttezza sportiva. Se ho scommesso, e mai sulle partite, è stato perché chi vive la nostra vita deve trovare una trasgressione. Io non vado in discoteca, non ho mai fatto uso di droghe, ho sempre avuto solo una donna. Scommettevo, ma quelli sono fatti miei. E da lì a vendere partite, al riciclaggio, ad altre cose losche… ce ne passa“