La presidente dell’Associazione Nazionale Dalmata ha parlato al Parlamento Europeo: “Le Foibe non sono un dramma italiano, ma un genocidio che riguarda tutti”
“Dopo anni di silenzio finalmente siamo riusciti a rompere il muro di omertà sulla strage delle Foibe. Anche in Europa ora si parla di ciò che è successo ai nostri cittadini e dei veri e propri crimini contro l’umanità commessi ai danni di uomini e donne innocenti”. Carla Cace, presidente dell’Associazione Nazionale Dalmata, è da sempre in prima linea nel cercare di rompere il muro di gomma che da anni ha accompagnato gli orrori commessi ai danni degli italiani residenti in Friuli Venezia Giulia e in Dalmazia dall’esercito di Tito.
Alla vigilia del Giorno del Ricordo, Carla ha parlato a Bruxelles, al Parlamento Europeo. “L’Associazione Nazionale Dalmata che presiedo – dichiara in Esclusiva a Notizie.com – ha presentato al parlamento europeo tutti i prodotti editoriali che lancerà il 10 febbraio in occasione del Giorno del Ricordo. Ma la cosa più importante è che sono stata invitata a partecipare ad un intergruppo parlamentare dove c’erano tanti deputati europei di tutti i paesi. Anche quelli coinvolti dai crimini di Tito. Per l’Italia, per la nostra associazione, per chi si è battuto per anni affinchè queste morti non venissero dimenticate è un momento storico. Finalmente si sta andando verso la direzione che, la mia associazione e tante altre, vogliono raggiungere: allargare questo tema a tutta l’Europa. Le Foibe non sono solo un dramma italiano, ma ha coinvolto diversi paesi dell’Unione Europea. E’ ora che dal dibattito politico si passi a quello storiografico. Questa storia deve essere letta come uno dei genocidi più feroci del 900″.
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Una vicenda che per tanti anni è rimasta nel silenzio più totale. “Ha fatto comodo che fosse così – continua Carla Cace – c’erano logiche geopolitiche precise. Al termine della seconda guerra mondiale gli alleati, che avevano grossa influenza sull’Italia, avevano tutto l’interesse a tenere in piedi il regime jugoslavo del maresciallo Tito, che era una sorta di cuscinetto contro lo sviluppo dell’Urss. All’aspetto geopolitico va aggiunta anche una componente ideologica, che spinse i nostri politici a fare buon viso a cattivo gioco e poi ricordiamoci che la storia era stata presentata erroneamente come una guerra tra fascisti e comunisti. Quindi non c’era interesse ad andare a fondo a questa storia. Dulcis in fundo, con i soldi dei beni degli italiani abbiamo anche pagato i debiti di guerra. Una lunga serie di ragioni che, dopo tantissimi anni si sono sciolte e il muro di omertà è stato sfaldato. A partire dalla Legge del ricordo del 2004. Se oggi siamo qui a Bruxelles a parlare delle Foibe in senso europeo vuol dire che qualche passo avanti lo abbiamo fatto”.
Carla presiede l’Associazione Nazionale Dalmata ed è esule di terza generazione. “Io ho vissuto nel mito di mio nonno e del mio bisnonno, che purtroppo non ho conosciuto per motivi di età. La loro storia è incredibile ed è la sintesi delle vicissitudini vissute dagli italiani in quegli anni. Il mio bisnonno Doimo visse il primo esodo dei dalmati a seguito della prima guerra mondiale, delusi dal fatto che la Dalmazia non fosse stata ammessa all’Italia, in 30.000 decisero di andare via. E lo fecero per l’italianità, che volevano difendere a tutti i costi. Mio nonno era invece il Direttore dell’ospedale di Seddenico e dovette andare via il 7 settembre 1943. Portò in salvo mio padre e mia nonna che era incinta. Gli consigliarono di allontanare la famiglia perchè c’era la sensazione che in Italia stesse accadendo un patatrack. Lui andò via convinto di poter tornare. Ma il giorno dopo seppe che tutto l’ospedale era stato rastrellato e che aveva perso tutto il suo personale. Gran parte erano suore, che vennero gettate al mare con pietre al collo dai partigiani comunisti di Tito. E non erano certo un pericolo per nessuno. La pulizia etnica è andata a toccare tutte le fasce di popolazione. Nonno si salvò e ha dedicato la sua vita alla battaglia per la verità. Attraverso l’Associazione che fondò e che oggi presiedo, ha scritto, fatto appelli al Congresso di pace di Parigi, ha preparato dossier nei quali spiegava gli orrori e le torture riservate ai soldati italiani. Tutto a guerra finita. Ecco perchè si deve parlare di crimini verso l’umanità. Nonno morì nel 1975, l’anno in cui con il trattato di Osimo vennero perdute definitivamente quelle terre. La mia famiglia è l’emblema di un silenzio che finalmente è stato rotto”.