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Cronaca

Pantani, a 18 anni dalla morte l’inchiesta è riaperta: ascoltato un testimone

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Paolo Colantoni

Gli inquirenti hanno ascoltato un teste, che ha parlato di ciò che successo il famoso 14 febbraio del 2004. Attesi nuovi sviluppi

Diciotto anni fa, nel giorno di San Valentino, il mondo del ciclismo piangeva la morte di Marco Pantani. Dal 14 febbraio del 2004 ad oggi, le indagini sulla morte del pirata, non hanno ancora portato ad una svolta. Tra interrogatori, piste abbandonate e scelte discutibili, la morte del ciclista di Cesenatico resta ancora avvolta nel mistero.

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Marco Pantani, 18 anni fa venne trovato morto in un residence a Rimini – GettyImages –

Le indagini sono state riaperte, anche alla luce di nuovi sviluppi. Gli inquirenti hanno infatti interrogato un tassista che asserisce di aver accompagnato due donne al residence ‘Le Rose’ di Rimini, dove il 14 febbraio 2004 il campione di ciclismo fu trovato senza vita. Il tassista avrebbe confermato l’episodio, ma le generalità delle due donne sono ancora tutte da confermare. A spingere per la riapertura di una terza indagine, dopo che le due precedenti avevano archiviato il caso come morte causata da un mix di droga e farmaci, è Tonina Belletti, la mamma di Pantani che, sempre nei giorni scorsi aveva dichiarato ai Carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Rimini, “Marco non era solo la notte che è morto, con lui c’erano due escort”.

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Il nuovo fascicolo della Procura della Repubblica di Rimini, che ha archiviato l’ultima indagine nel 2015, è ancora oggi, anche dopo nuove testimonianze, disposto su modello 45 che viene utilizzato per l’iscrizione di un fascicolo nel registro degli atti non costituenti notizie di reato. Nei prossimi giorni, si capirà se dopo la testimonianza del tassista sarà possibile ipotizzare nuovi reati come l’omissione di soccorso a carico di persone da identificare. Al termine della prima indagine, nel 2005 per il reato di morte conseguenza ad altro reato, ossia lo spaccio che causò l’overdose di Pantani, Fabio Miradossa e Ciro Veneruso patteggiarono condanne rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi e la seconda indagine si chiuse nel 2016, dopo nuove perizie medico legali, confermando sostanzialmente le risultanze della prima.

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