Il presidente della Consulta dà la sua versione e spiega: “Non era un quesito su eutanasia ma sull’omicidio del consenziente. Cappato? Ha detto cattiverie”
Una conferenza stampa per spiegare le decisioni della Corte Costituzionale. L’ha chiesta e voluto il presidente della Consulta in persona. E’ stato Giuliano Amato che si è messo a disposizione e ha risposto ad ogni domanda, anche in modo piuttosto dirompente. Il neo presidente Amato è tornato proprio sul tema del fine vita che ha fatto molto discutere, soprattutto con la decisione della Consulta di non ritenerlo ammissibile: “Premetto che leggere o sentire che chi ha preso la decisione sull’eutanasia non sa cosa sia la sofferenza mi ha ferito molto e l’ho trovato anche ingiusto. La parola ‘eutanasia‘ ha portato a tutto questo, ma non c’entra nulla col quesito che ci siamo trovati davanti e sul quale dovevamo decidere. Il referendum era sull’omicidio del consenziente, che sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi dall’eutanasia“.
Il presidente si è anche soffermato sulle parole di Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni, che aveva parlato di “una brutta pagina per il nostro paese e una pessima notizia per la democrazia”. Parole che hanno fatto sobbalzare il presidente Amato che ha risposto in modo piccato: “Quelle parole di Cappato, su una corte mal disposta in riferimento a questo tema le ho trovate cattive e senza senso. E’ stata una decisione presa su criteri che fanno parte della costituzione. E il signor Cappato, lo sa bene, ma io sono assai meno politico di quanto lo sia lui. E qui mi fermo”
E’ rimasto piuttosto infastidito, Amato dalle parole di Marco Cappato e non si è tirato indietro nel rispondere per le rime al suo “rivale“. Ha chiuso l’argomento con una vena polemica e dura. L’altro referendum delicato, quello sulla cannabis, è stato bocciato perché secondo Amato “non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali“. E prosegue: “Il quesito era articolato in 3 sotto quesiti. Il primo relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, quelle includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti – già questo è sufficiente per farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile dei referendum. E ci portano a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito“.
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Secondo il presidente della Corte Costituzionale “i temi valoriali sono i più importanti e solo quelli che dividono la nostra società”. E dà una pizzicata alla politica: “Il nostro parlamento sarà che è troppo occupato dalle questioni economiche ma forse non dedica abbastanza tempo a cercare di trovare le soluzioni. I parlamentari lavorano ma hanno grosse difficoltà a mettersi d’accordo su questi temi. È fondamentale che in Parlamento capiscano che se questi escano dal loro ordine del giorno possono alimentare dissensi corrosivi della coesione sociale“.