Pensioni, sì al superamento dei 67 anni: ma c’è un prezzo da pagare

Il governo sembra aver aperto alla flessibilità in uscita sulle pensioni, accettando di superare la rigidità del requisito dei 67 anni

Resta aperto il dibattito sulle pensioni in Italia. Infatti, oltre allo spinoso nodo della Legge di Bilancio 2022, la riforma del sistema previdenziale resta una questione principale del Governo Draghi, ancora da risolvere.

Un grande cambiamento sul tema pensioni arriva già quest’anno, con l’introduzione di Quota 102, soluzione adottata per rispondere alla fine di Quota 100. Il funzionamento del meccanismo per lasciare il mondo del lavoro è quasi identico all’ex Quota 100, ma diversi sono i requisiti di accesso. Se quota 100, infatti, prevedeva un’uscita anticipata dal mondo del lavoro e un’accesso a una pensione di importo ridotto al raggiungimento dei 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi versati, Quota 102 innalza il requisito anagrafico a 64 anni invece che 62. Per questo, chi nel 2022 compirà 64 anni di età ed avrà maturato 38 anni di contributi (di cui almeno 35 di contribuzione effettiva) potrà accedere alla pensione anticipata.

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Quota 102, però, è una misura temporanea che si esaurirà nel giro di quest’anno. In assenza di una riforma definita, già nel 2023 si passerebbe a Quota 104, con l’innalzamento dell’età anagrafica a 66 anni. Cosa accadrà dopo? A Palazzo Chigi il tavolo si è aperto: i sindacati insistono per un addio al sistema contributivo, che però risulta molto poco sostenibile dal punto di vista fiscale. Cgil, Cisl e Uil chiedono flessibilità in uscita già a partire dai 62 anni d’età, ma la richiesta deve concordare con la necessità di mantenere sotto controllo la spesa pensionistica.

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Su questo punto, il governo sembra aver aperto alla flessibilità in uscita sulle pensioni, accettando la proposta dei sindacati di superare la rigidità del requisito dei 67 anni previsto dalla legge Fornero. Tuttavia, il ricalcolo degli assegni pensionistici deve seguire il metodo contributivo. L’ok è arrivato nel corso del terzo tavolo di confronto tecnico con i sindacati che si è svolto al ministero del Lavoro.

Il Governo, informa Adnkronos, avrebbe fornito una disponibilità anche sulla revisione dei coefficienti di trasformazione e sulla possibilità di eliminare la soglia del 2,8 e 1,5 volte dell’assegno sociale per coloro che raggiungono rispettivamente 64 e 67 anni e la possibilità di tutele ulteriori per i lavoratori disoccupati, gravosi e invalidi. Nessuno spiraglio, invece, sull’ipotesi ribadita da Cgil Cisl e Uil di ottenere la pensione con 41 anni di contributi senza vincoli sull’età. A fare il punto sulla trattativa sarà un prossimo vertice politico tra il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ed i leader di Cgil Cisl e Uil.

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