Il giovane, 29 anni, ha fatto sparire le proprie tracce dall’aprile 2021. La Procura di Messina ha disposto l’arresto dell’uomo
E’ caccia aperta a Pino Russo, il mercenario di Messina arruolato tra le milizie russe. Tutto ha avuto inizio per caso, dopo un post pubblicato il 6 gennaio del 2019 sul profilo Facebook di tale Giuseppe Russo, fino a quel momento uno sconosciuto per le forze dell’ordine. Invece Russo, detto ‘Pino’, 20 anni, per la Procura di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, è un “mercenario‘ pro Russia che da anni si trova nel territorio ucraino del Donbass.
Il gip di Messina, nell’aprile del 2021, ha disposto l’arresto del giovane, poi confermato dal Tribunale del Riesame, nel luglio 2021. L’inchiesta è partita dall’analisi del profilo Facebook di Russo che aveva postato una sua foto con indosso “un’uniforme di combattimento con fregi militari, quali la stella sul colbacco, la stella con falce e martello nella fibbia, di chiara appartenenza filorussa“, scriveva il Gip nella misura cautelare. Le indagini “confermavano l’operatività di Russo quale mercenario nel conflitto armato in questione, nonché i rapporti tra lo stesso” e altre persone che lo avrebbero assoldato.
Per i giudici “l’esercizio di una effettiva attività militare di Russo emergeva a più riprese: in data 3 aprile 2019 Russo riferiva alla sorella Giorgia che egli effettuava dei turni di guardia, in una zona in cui vigeva il coprifuoco, e veniva pagato in rubli“, aveva poi aggiunto il Tribunale del Riesame come apprende l’Adnkronos. Non solo. In una conversazione del 13 aprile la madre di Russo commentava con il convivente e la figlia Giorgia, “come il figlio facesse il soldato“, “ma non in condizioni normali e avesse cominciato a nutrire dubbi sulla opportunità di continuare in questa scelta, avendo ormai una compagna e una figlia piccola, benché facesse il ‘lavoro’ che gli piaceva“, dice il giudice. Nella stessa conversazione, la madre del mercenario “riferiva di essersi recata in Donbass in passato e avere assistita ad una parata militare in cui sfilava il figlio”
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“Bruttissimo… cioè brutto… bello e brutto nello stesso tempo… le bombe vicine è stato bruttissimo… ho detto minchia ora muoio (ridendo)… non tanto che morivo… mi spaventavo che mi facevo male più che altro“. E’ il 19 febbraio del 2020 quando Pino Russo, mercenario messinese pro Russia arruolato in Ucraina, parla con la sorella. Le intercettazioni sono inserite nel provvedimento del Tribunale del Riesame che il 21 luglio del 2021 boccia il ricorso presentato dalla difesa di Russo, latitante dall’aprile del 2021 con l’accusa di avere svolto attività mercenaria all’estero. Russo è ricercato in quel territorio dall’intelligence italiana, che cerca anche altri mercenari italiani. “L’esperienza era stata per Russo talmente esaltante – scrive il giudice – tanto che egli si proponeva di munirsi di una telecamera, per filmare le scene di guerra“. Sempre il 19 febbraio l’uomo dice ancora alla sorella: “Abbiamo sparato con i bazooka… lo sai cosa mi devo comprare? La telecamera che si monta sul casco“. Per i giudici “l’esercizio di una effettiva attività militare di Russo emergeva a più riprese: in data 3 aprile 2019 Russo riferiva alla sorella Giorgia che egli effettuava dei turni di guardia, in una zona in cui vigeva il coprifuoco, e veniva pagato in rubli“. Non solo. Nella stessa conversazione, la madre del mercenario “riferiva di essersi recata in Donbass in passato e avere assistita ad una parata militare in cui sfilava il figlio”.