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Cinema

Occhiali neri: ecco la recensione del ritorno di Dario Argento

Published by
Leonardo Marcucci

Dario Argento è tornato. Domani 24 Febbraio 2022, Occhiali Neri sancirà il ritorno in sala del master of horror.

Il ritorno di Argento è comprensibilmente accompagnato da un certo scetticismo, a causa dei suoi ultimi lavori, poco in linea con la qualità e l’innovazione espressa tra gli anni settanta e gli anni ottanta. Le prime battute di Occhiali Neri, vi faranno veramente credere che il maestro del brivido possa essere finalmente tornato: l’eclissi con cui si apre il film, per la quale tutta Roma dovrà indossare degli occhiali neri, getta magistralmente lo spettatore nel mondo di Argento, attraverso fotografia, regia e musiche perfettamente orchestrate. La trama del film è semplice e si costruisce attraverso il classico schema di un serial killer alla ricerca di vittime accomunate da qualcosa. Le prede dell’omicida di Occhiali Neri sono le prostitute di alto borgo e, tra loro, la combattiva Ilenia Pastorelli, nei panni di Diana. Gli sviluppi della vicenda li lasciamo al buio della sala in cui vi gusterete il film, anticipandovi che l’inserimento di un evento in particolare, darà vita a situazioni cinematograficamente interessanti, riuscendo in parte a svecchiare un’assetto vecchio e polveroso.

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Dario Argento funziona ancora nel 2022?

Oltre alla presenza di personaggi poco utili all’economia drammaturgica della pellicola, a lasciarci pesantemente perplessi sono state messa in scena e recitazione. L’anacronistica gestione profilmica di molte sequenze, rende il film poco attuale, rischiando di palesare delle scelte di montaggio francamente infelici. La recitazione dà il colpo di grazia, con interpretazioni generalmente poco convincenti, ulteriormente penalizzate dalla sporadica presenza di un doppiaggio fuori sync. I problemi sopracitati, tuttavia, non impediscono al The master of the horror di raggiungere il suo più autentico e fondante obiettivo, metterci paura. Lo straripante talento nel maneggiare le basi grammaticali del mezzo cinematografico, permette al regista romano di inserirci nel suo controverso mondo, riuscendo quantomeno ad evitare il deprimente terreno dell’indifferenza. Nonostante la faticosa sufficienza, dispiace constatare come uno dei registi più importanti della nostra storia, sia lentamente scivolato nella totale inadeguatezza, con una pellicola difficilmente permeabile ai gusti contemporanei. Difatti, rimanendo ancorato ad una componente formale obsoleta, Argento si dimentica (o ignora deliberatamente) quanto l’espressione dell’arte cinematografica sia inevitabilmente legata all’evoluzione della stessa e che, neanche il maestro del brivido, può sottrarsi alla rinnovata fruizione del medium.

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Leonardo Marcucci