La guerra in Ucraina vista con gli occhi di un reporter che si è trovato a fuggire a ovest da Leopoli.
“Sono due i sentimenti che puoi leggere negli occhi degli ucraini in questo momento: la paura di quelli che vogliono solo veder finire la guerra, e quindi scappano, e la decisione di chi scende in strada pensando solo a combattere il nemico“. Lo ha potuto vedere con i propri occhi Manny Marotta, statunitense, 25 anni, che si trovava a Leopoli (L’viv in ucraino) quando la guerra è scoppiata in Ucraina e che ha documentato il viaggio che lo ha portato fuori da lì.
Leopoli è nell’ovest dell’Ucraina, ed è una città che potrebbe diventare un punto nevralgico della guerra in qualsiasi momento. Sono già suonate più volte le sirene antiaereo lì, così come in molte altre città. Manny, come molti ucraini e non che si trovavano lì, decide di andarsene dal paese e di tornare alla sua vita da guida turistica al Carnegie Museum of Art, negli States, recandosi a ovest, verso il confine con la Polonia.
“Ho preso un autobus sul quale ho percorso 3 chilometri in uscita dalla città, poi, alla fine della corsa, ho continuato il mio viaggio a piedi per altri 74 chilometri“.
Una distanza che il reporter ha percorso insieme a un giornalista britannico conosciuto in hotel a Leopoli. “All’inizio della camminata tutto intorno era calmo, pacifico, c’era un bel sole, non c’era molta gente per strada e le macchine viaggiavano ancora, ma più tardi la situazione si è fatta movimentata. Le auto si fermavano a 30 km dal confine polacco, le persone lasciavano le proprie auto per continuare a muoversi a piedi, portando con sé tutto ciò che avevano. C’erano giovani, anziani, persone che in circostanze normali non avrebbero potuto affrontare una camminata del genere e che l’hanno intrapresa comunque.”
Proprio durante le ore in cui Manny e il collega erano in cammino verso il confine, il presidente ucraino Zelens’kyj aveva dato ordine ai soldati ucraini di non far oltrepassare la frontiera agli uomini di età compresa fra i 18 e i 60 anni, di rispedirli a combattere i russi. Direzione est, opposta a quella della salvezza. “Quando i militari hanno cominciato a farlo, gli uomini che stavano arrivando al confine con le proprie famiglie dicevano che non volevano abbandonarle per andare a combattere, ma i militari li hanno presi e fatti salire forzatamente su un autobus diretto a est.”
Quegli uomini non erano rassegnati in partenza, non si aspettavano di veder sfumare quel barlume di sicurezza che ormai era a un passo da loro. “La gente era piena di paura e di rabbia. Rabbia non solo nei confronti di Putin. Il sentimento si riversava sui russi come popolo, e metteva contro anche gli ucraini tra di loro, che si urlavano contro e piangevano“.
Tante donne, spesso con figli anche molto piccoli, si sono impaurite ancora di più dopo l’intervento dei militari ucraini che ha separato i destini delle loro famiglie. “Per le donne, la paura era amplificata dal pensiero di dover proseguire da sole per tante ore e per tanti chilometri, dal chiedersi se i propri figli fossero stati in grado di sopportare le condizioni della fuga, e dal vedersi portare via il compagno o il marito, sapendo che sarà spedito al fronte“.
La vista di queste scene strazianti ha dato una spinta alla fuga in quegli anziani risparmiati dal dover imbracciare armi. “Gli anziani hanno continuato a camminare con questo senso di dovere, di avere uno scopo e quasi un obbligo a camminare verso la Polonia”, racconta Manny. “Poi c’erano i bambini, molto impauriti, che non capivano cosa stesse accadendo e piangevano. Le loro madri erano l’incarnazione vera della rabbia e della paura che le persone stavano affrontando.”
Lasciarsi alle spalle l’Ucraina
Il reporter riesce a passare il confine e a prendere un autobus che lo porta a Przemyśl, città a 15 km dal confine dal lato della Polonia. “É qui che tutti gli ucraini al confine vengono mandati”. Marotta adesso è a Cracovia e domani ha un aereo che lo attende per fare ritorno a casa, ma sta mantenendo i contatti con alcune persone a Leopoli, dove “le sirene antiaerei suonano da tre giorni per buona parte della giornata. Penso che sarà la prossima città a subire attacchi e che l’esercito russo potrebbe arrivarvi in qualsiasi momento, dato che le armi statunitensi ed europee arrivano in Ucraina passando proprio da Leopoli“. La NATO ha infatti annunciato l’invio di armi a sostegno dei combattenti ucraini da parte di Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Regno Unito e Stati Uniti.
La permanenza di Manny a Przemyśl è di una sola notte, dopo una camminata di 20 ore, con più di 70 chilometri percorsi. Quella notte Manny l’ha trascorsa con alcuni rifugiati che però non hanno avuto molta voglia di parlare “perché erano impauriti, stanchi e non avevano voglia di parlare con un americano. Tutto ciò che mi hanno detto è stato che vogliono tornare a casa e che sperano che la guerra finisca presto. Che non vogliono veder morire troppe persone, quindi sperano in una guerra corta. Vogliono che la gente scappi, non che vada a combattere“.
Ma i fatti di questi giorni di guerra ci dicono anche che i cittadini ucraini stanno resistendo molto più di quanto i russi si aspettavano e che tanti di loro si riuniscono in strada per autoprodurre molotov da scagliare contro i mezzi russi al loro passaggio, altri ancora si sono arruolati volontariamente, ancor prima della chiamata di Zelens’kyj. Quando la guerra era solo uno scenario considerato estremo, c’ erano già i civili che dopo il lavoro andavano ad addestrarsi con le armi. “Ci sono diversi tipi di pensiero tra gli ucraini svegliatisi in mezzo alla guerra, ma prevalgono nettamente due pensieri: quello di chi vuole la pace adesso e quello di chi vuole combattere a ogni costo, non gli importa quanto questa guerra potrebbe essere lunga. Ben pochi hanno una linea di pensiero intermedia. Tra gli ucraini con cui ho parlato ho riscontrato queste posizioni opposte“.
E Leopoli le comprende entrambe, città diventata il punto d’incontro tra persone in fuga, cittadini ucraini che tornano nel loro Paese solo per combattere, e le armi che andranno a imbracciare.