ESCLUSIVA – Strage di Bologna, Mazzanti: “Un processo di supercazzole”

Il noto giornalista e autore di alcuni tre le più importanti opere e pubblicazioni sull’attentato del 2 agosto 1980 commenta in esclusiva a Notizie.com gli ultimi incredibili sviluppi in aula nel processo che vede coinvolto Paolo Bellini

Ha davvero dell’incredibile quello che è accaduto pochi giorni fa, nell’ambito del processo relativo alla strage di Bologna del 2 agosto 1980 e, in particolare, in merito all’accusa da parte della Procura di Bologna a Paolo Bellini, individuato come autore materiale (così come Licio Gelli, Umberto Ortolani e Federico Umberto D’Amato, tutti però ormai deceduti), e all’ex direttore del Borghese Mario Tedeschi, definito complice nel suo ruolo di “addetto stampa” degli stragisti. Quello che è successo è veramente particolare, perché a distanza di anni e grazie alle nuove tecnologie a disposizione la Polizia scientifica è riuscita a ripulire un nastro registrato decenni fa che è sempre stato utilizzato come prova d’accusa fondamentale nei confronti di Bellini, smontando di fatto tutto quello che (colpevolmente) è stato dato per assodato fino a oggi.

Strage Bologna
Le immagini della Strage di Bologna (Ansa)

L’intercettazione che prima era stata interpretata come “Nei nostri ambienti erano in contatto con il padre di sto aviere… dicono che portava una bomba” e che quindi avrebbe “incastrato” il pilota Bellini, si è infatti trasformato in “lo sbaglio di un corriere“. Ma il prezioso assist per una corretta ricerca della verità non è stato apprezzato dalla Procura. Al contrario, quest’ultima lo ha ignorato e se l’è addirittura presa con la Scientifica, accusata di aver “inopinatamente e senza alcun incarico” esteso “la propria attività ad accertamenti non richiesti, forieri di un’unica informazione in contrasto con il dato pacificamente riscontrato in tutte le precedenti trascrizioni“, ma anche di aver utilizzato un “metodo […] per l’approdo alle conclusioni esposte” definito “censurabile“.

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Mazzanti: “Uno dei tanti misteri di Bologna”

Mazzanti Cavallini
Massimiliano Mazzanti insieme a Cavallini (Ansa)

A parlare di quanto accaduto in esclusiva a Notizie.com è il giornalista Massimiliano Mazzanti, uno dei massimi esperti della vicenda e autore di varie pubblicazioni al riguardo, su tutte il libro ‘Entri il colpevole! Il processo a Gilberto Cavallini. 40 anni di “misteri” sulla strage di Bologna‘: “Ciò che è successo è uno dei tanti misteri di Bologna. E non è neanche la prima volta. Già al processo Cavallini ci trovammo di fronte a una curiosa decisione dell’allora presidente della corte Leoni, il quale di sua sponte, affidando una nuova perizia esplosivistica al professor Coppe, lo autorizzò anche alla perizia sui resti di Maria Fresu per via di quel famoso lembo facciale a lei attribuito. Ed era una cosa curiosa, perché esistono le foto di tutti e 84 i cadaveri della strage di Bologna e a nessuno mancava una parte di volto anche lontanissimamente compatibile con quella in oggetto. Quando venne fatta la perizia e il tecnico dei Carabinieri Maria Elena Pilli eseguì quell’analisi e la illustrò in aula, a quel punto si fece un’ordinanza per dire ‘ma noi qui non siamo a rifare le indagini per la strage di Bologna’, anche se in realtà per due anni non sarà fatto altro in aula, ‘e quindi questo al limite sarà materia della procura se intenderà approfondire il tema'”.

Adesso, un nuovo caso analogo: “Abbiamo due perizie, una che riguarda il volto di Bellini, una relativa alla telefonata. E siccome non danno il risultato sperato, allora non vengono considerate. Per la prima, quella antropometrica, a Bologna (e solo lì, solo in quell’aula) si sostiene che il tipo di perizia portata dalla difesa vale meno del riconoscimento “a sensazione” dei filmati che hanno fatto loro (“quello è Bellini, quello no”) e dicendo ‘abbiamo la testimonianza della moglie’, che però, se vediamo la storia giudiziaria, ha sostenuto tutto e il contrario di tutto. Per tantissimi anni, quelli vicini all’evento, ha detto che non fosse lui e solamente all’ultimo ha cambiato idea. Insomma, se uno va a vedere la genesi, non è che sia così lineare“. Anche perché soprattutto sotto quest’ultimo aspetto ci sono delle curiose coincidenze: “All’epoca alla Procura generale chi seguiva con più costanza questa indagine era quel magistrato, Alberto Candi, che proprio su questi interrogatori di presunti testi che prima non vedono niente e poi sanno tutto, aveva giocato male la sua carriera. Nel libro che ho scritto sulla vicenda della Uno bianca (‘Uno bianca, la banda di Roberto e Fabio Savi’, ndr) me la prendo con il giudice Spinosa, che certamente aveva più responsabilità di altri in alcuni errori di quella vicenda processuale. Ma quella particolare tranche di errori della Uno bianca, quelli imperniati sulla testimonianza di Simonetta Bersani, erano indagini che conduceva come secondo di Candi. Lavoravano insieme. Quando uno ha precedenti del genere forse dovrebbe avere un po’ più di cautela. Soprattutto quando le prove scientifiche ti danno torto“.

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L’accusa indiretta alla Scientifica

Strage Bologna
Le immagini devastanti della stazione di Bologna (Ansa)

Come spiega Mazzanti, tra l’altro, questa vicenda si collega anche a un altro episodio controverso che ha caratterizzato le indagini: “Adesso si sente distinto ‘è stato l’errore di un corriere’ nell’intercettazione del dialogo tra padre e figlio, ma già all’epoca feci notare che non era così scontata la teoria del ‘corriere’ nella vulgata alternativa a quella giudiziaria. Quindi succede una cosa curiosa, c’è un’interpretazione che sembra essere esattamente quella che testimonia guarda caso proprio l’86esima vittima di cui abbiamo prova ormai certa di un altro processo, se mai qualcuno prenderà in considerazione la conseguenza nell’esame di Maria Fresu. Quindi quello che Proto ha raccontato in aula l’altro giorno non è la diversa interpretazione di una voce che si sente. No, quello che avevamo prima era un’interpretazione su un nastro che ascoltavamo e sembra dire ‘sto aviere’. Perché si sentono solo delle parole disturbate in cui ci si può mettere tutto quello che si vuole. Se vogliamo essere garantisti fino in fondo, possiamo dire che i precedenti magistrati e procuratori potrebbero aver avuto una giustificazione nel tradurre ‘aviere’ quella parola. Ma una volta che è l’audio è pulito dai rumori di sottofondo e la voce è quella di Maggi, non ci sono più dubbi. Tanto che Proto dice un’altra cosa in quelle 300 pagine, auto-smententi: fa intendere anche se non lo dice chiaramente che di fatto la Polizia scientifica avrebbe alterato la prova“.

E chiaramente, se così fosse, l’argomento non potrebbe certamente esaurirsi così: “Se lui lo pensasse sul serio non potrebbe certo finirla lì. Lui è il procuratore generale del tribunale di Bologna e sta interrogando un test, che peraltro è titolare di consulenza che lui stesso ha nominato. Già perché la cosa divertente è che quella consulenza l’ha chiesta lui. Quindi se in aula ti accorgessi che hanno manomesso una prova, allora li dovresti incriminare. Se non lo fai, stai facendo una cosa che giuridicamente si chiama ‘supercazzola’. Praticamente siamo arrivati a Monicelli e Proto sta facendo una supercazzola. Anche simpatica se vogliamo. Però poi ci dovrebbe spiegare perché mai dovrebbe difendere Bellini la Polizia scientifica di Roma, con persone che forse all’epoca dei fatti avevano appena raggiunto l’età della ragione. E tra l’altro Bellini, nella sua seconda vita da ‘spione’ per le forze dell’ordine non lavorava con la Polizia, ma con i Carabinieri“.

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“Una lunga serie di supercazzole”

Cavallini e Mazzanti
Mazzanti accompagna Cavallini durante una fase del processo (Ansa)

Per quanto possa apparire tutto come un paradosso, tuttavia per Mazzanti una spiegazione c’è: “È il tentativo di dare una patente di credibilità a una sentenza che si vuole evidentemente raggiungere. Come del resto era accaduto in passato per tre anni, e non per due giorni (cioè nei due del processo Cavallini e in quello precedente quando si è aperto), riguardo il milione di dollari che è stato raccontato da tutti come una transazione bancaria sui conti di Cavallini, testimoniata in modo ‘inequivocabile’ da un appunto che lui aveva in tasca. In aula, come ho raccontato tante volte, fu una mia intuizione: chiesi al legale di Cavallini di farsi consegnare dall’avvocato Speranzoni quel foglio che lui leggeva con tanta veemenza e gli feci notare cosa ci fosse scritto, un dettaglio che in un primo momento neanche lo stesso Cavallini aveva visto. Lui riconobbe solo che la grafia era sua e così continuavano a chiedergli che fine avessero fatto questi tre milioni di franchi svizzeri, che all’epoca corrispondevano proprio a un milione di dollari. Vedendo l’appunto, però, Cavallini fece notare che c’era scritto ‘3 milioni in franchi svizzeri’, che vuol ‘tre milioni di lire in franchi svizzeri’ e quindi non un milione di dollari. Questo cambiava tutto. E dopo attimi di imbarazzo in aula e una supercazzola della Madonna, la prova è sparita“.

Il giornalista ha infine concluso il ragionamento: “Insomma, ne sono successe di cose strane lungo l’arco di tutto il processo, ma questa è la più clamorosa, perché coinvolge due organi di giustizia importanti: la procura generale di Bologna e la Polizia scientifica di Roma. È la testimonianza che i pm in alcuni processi non svolgono quella funzione che è sì di parte quando entrano in aula, ma che è comunque da organo di giustizia nel momento in cui conduce le indagini, perché può raccogliere gli indizi. Questo è un caso lampante, perché si è verificato in aula e addirittura è stato messo per iscritto con un’autorete clamorosa. Ma quante volte accadrà nelle segrete stanze della polizia e della procura, quando non ci sono fattori terzi, che spariscano elementi che potrebbero scagionare un imputato? Quello che ha fatto Proto ha una dimensione negativa estrema, mette a nudo che in Italia il pubblico ministero è a tutti gli effetti un ‘attorney’, solo che non è né elettivo, né è sottoposto al giudizio di nessuno e quando è in aula non siede sullo stesso piano dell’avvocato difensore, ma al di sopra. Allora dove sta la terzietà della giustizia? Parliamo sempre di indipendenza della magistratura, ma auspichiamo che questa sia in primo luogo imparziale“.

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