La Corte d’appello boccia la richiesta e l’iter che aveva intrapreso il Comune tempo fa. Esulta la destra e le associazioni per le famiglie
Il ‘no’ al doppio cognome stabilito dalla giurisprudenza oggi con una sentenza storica e’ una vittoria dei diritti dei bambini ingiustamente al centro di pretese illegittime delle cosiddette famiglie arcobaleno o chiamate omogenitoriali. La Corte d’appello di Torino è “tombale rispetto ad ogni capriccio“. Lo afferma, in una nota, il deputato di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli. “Ora si rispetti la legge e soprattutto i minori che meritano di stare fuori dalle beghe ideologiche“, aggiunge la parlamentare annunciando l’intenzione di scrivere alla Lamorgese.
“Il Ministro dell’Interno deve intervenire subito verso i comuni che hanno istituito registri portatori solo di confusione, come quello di Torino appunto. Il sindaco Lo Russo si rassegni – conclude Montaruli –. Siamo determinati a difendere il diritto di ognuno ad avere una mamma ed un papa’ e ad andare fino in fondo in questa vicenda. Passo successivo deve essere l’approvazione della legge sull’ utero in affitto reato universale che vede come prima firmataria Giorgia Meloni. I capricci degli adulti intanto oggi sono stati sconfitti.”
Niente da fare per le due mamme. Volevano che la figlia portasse il cognome di entrambi i genitori, due madri che avevano fortemente voluto quella gravidanza, portata avanti da una di loro. Ma i giudici d’appello di Torino hanno negato questa possibilità ritenendo che “non si possa legittimare in maniera generalizzata il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita per la soddisfazione delle aspirazioni genitoriali delle coppie omosessuali, dal momento che il nucleo familiare scaturente dalla loro applicazione per la legge deve riprodurre il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre”.
In realtà un anno fa l’ufficiale di Stato civile di Torino aveva accolto quella loro richiesta e dato alla bimba i cognomi delle due madri. Ma il tribunale a luglio, e la Corte d’appello oggi, hanno negato quel desiderio disapplicando l’atto del Comune.