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Bambini ucraini ricoverati a Torino in oncologia: le loro condizioni

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Paolo Colantoni

La dottoressa Franca Fagioli, dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, regala un aggiornamento sulle loro condizioni

Buone notizie dall’ospedale Regina Margherita di Torino, dove vengono monitorati con attenzione i 13 bambini ucraini che sono stati ricoverati, in grave condizioni dopo essere scappati dalla loro nazione. I bambini, che lottano contro garvi malattie, hanno raggiunto l’Italia per continuare le cure, che non avrebbero potuto essere garantite in Ucraina.

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Stanno “nettamente meglio” i 13 bambini ucraini oncologici arrivati sabato a Torino con una missione umanitaria della Regione Piemonte e ricoverati all’ospedale Regina Margherita per proseguire il percorso di cure interrotto a causa della guerra. Lo afferma la professoressa Franca Fagioli, direttore Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino del Regina Margherita e direttore Oncoematologia pediatrica della Città della Salute di Torino. La dottoressa segue da vicino i 13 bambini e regala ottimismo sulle loro condizioni

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Il loro aspetto è completamente cambiato rispetto a come li abbiamo visti scendere sabato dall’aereo – aggiunge in occasione dell’inaugurazione del nuovo reparto di Nefrologia dell’ospedale – Si sono riposati, li abbiamo idratati e nutriti, e direi che sono anche molto più sereni grazie al grande lavoro delle psicologhe e dei mediatori culturali, e anche di un mio medico che parla il russo e che ci sta aiutando, insieme ai traduttori nel telefoni, a tradurre le nostre osservazioni”. Le cure vere e proprie, spiega la professoressa Fagioli, “non sono ancora cominciate perché molti bambini sono senza accesso vascolare e per alcuni non è ancora terminata la diagnosi anche perché sono andati persi molti dati clinici sul loro percorso necessari per avviare trattamenti e chemioterapie”.

Tutti i bambini e i ragazzi arrivati a Torino, di età compresa tra i 4 e i 21 anni, sono accompagnati dalla mamma, in un caso anche dal papà. Per ora sono tutti ospitati in ospedale. “Appena possibile – conclude – faremo una riunione operativa poi cercheremo la collocazione più idonea per i parenti dei piccoli pazienti”.

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