La Cassazione ha ritenuto legittima l’obiezione di coscienza, rigettando quanto stabilito in precedenza dal Tribunale di Torino
Aveva 20 anni quando era fuggito via dall’Ucraina e in particolare dalla regione del Donbass, ora al centro delle cronache per via del conflitto russo-ucraino. Nel 2017, arrivato in Italia, si era presentato spontaneamente in Questura chiedendo asilo, in quanto obiettore di coscienza, sperando di ricevere protezione.
Dietro la fuga, la volontà di non arruolarsi in quanto , secondo il ragazzo, sarebbe stato obbligato a combattere nel suo paese. Nel 2020, il tribunale di Torino gli aveva negato la protezione. Ora, però, la Cassazione ha ribaltato quella sentenza. In data 3 marzo 2022, infatti, “la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 7047 ha ritenuto fondata la richiesta di protezione internazionale ed umanitaria presentata da un cittadino ucraino, obiettore di coscienza, che si è sottratto al servizio di leva in Ucraina per evitare di essere coinvolto in azioni di guerra e di essere costretto a commettere crimini di guerra o contro l’umanità”.
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La Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana spiega che la controversia prende le mosse dall’evidenza che, dall’inizio del conflitto interessante la Regione del Donbass, oltre 26.000 cittadini ucraini sarebbero stati sottoposti nel loro paese ad azioni giudiziarie per aver evitato, in vario modo, il servizio militare. “Il provvedimento adottato dalla Cassazione è importante in quanto, con articolata disamina, definisce il contesto locale Ucraino evidenziando la presenza di gravi violazioni e crimini di guerra commessi da ambo le parti in conflitto”, spiega la Gazzetta.
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Per il tribunale di Torino, che aveva emesso la sua decisione nel 2020, il giovane invece non correva il rischio di essere arruolato e aveva sottovalutato il rischio “di essere costretto a servire nell’esercito ucraino, anche in considerazione dell’età, e il pericolo di essere coinvolto in azioni di guerra e di commettere crimini di guerra o contro l’umanità“, informa Repubblica. La Cassazione ha successivamente accolto il ricorso presentato dal suo avvocato, Daniele Metafune. Ad avviso della Corte, “in materia di protezione internazionale deve essere riconosciuto lo status di rifugiato politico all’obiettore di coscienza che rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, ove l’arruolamento comporti il rischio di un coinvolgimento, anche solo indiretto, in un conflitto caratterizzato dalla commissione o dall’alta probabilità di essa, di crimini di guerra e contro l’umanità”, rileva ancora la Gazzetta.
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La Cassazione ha ribadito che tutte le fonti internazionali concordano sull’esistenza, in Ucraina, di un conflitto armato, nel cui ambito le parti non hanno rispettato gli accordi del 2015-2016 sul cessate il fuoco ed hanno continuato a combattere nonostante la tregua. Inoltre, le stesse fonti evidenziano la presenza di gravi violazioni e di crimini di guerra, commessi da ambo le parti in conflitto.