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Economia

Sulle armi inviate in Ucraina l’Italia mantiene il segreto di Stato

Published by
Chiara Feleppa

Il Governo italiano non ha reso noto il materiale bellico inviato in Ucraina né la quantità di denaro investito

Quante e quali armi l’Italia sta inviando in Ucraina? Non è dato saperlo. Se il governo tedesco, britannico, francese hanno reso note le armi che stanno inviando in Ucraina, lo stesso non è accaduto per quello italiano. Né cittadini né Parlamento possono sapere che tipologia di armi il Paese ha mandato nell’Est Europa né quanto ha deciso di spendere.

Come ricostruisce Giacomo Salvini su Il Fatto Quotidiano, la fornitura è stata autorizzata dapprima con un decreto varato dal Consiglio dei Ministri e poi con una risoluzione approvata in Parlamento. Non erano presenti nei due testi approvati né l’elenco delle armi né la relativa spesa eseguita. Qualche informazione in più era presente nel decreto interministeriale della Difesa, Economia ed Esteri firmato martedì sera dai ministri Guerini, Di Maio e Franco. Intanto, dall’aeroporto di Pisa – hub scelto per la consegna di materiale bellico – sono partiti voli militari diretti in Polonia. Ma, anche in questo caso, la fornitura rimane segreta.

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Sulla spesa e sulle forniture mancano dati certi, che non sono mai stati comunicati da fonti ufficiali ma solo da giornali che hanno lanciato indiscrezioni. Pronta la reazione dei partiti. Giorgia Meloni, in una riunione congiunta delle commissioni Esteri e Difesa della Camera, ha chiesto con le altre forze della maggioranza di rendere noto almeno ai parlamentari gli armamenti e la relativa spesa. La richiesta indirizzata a Guerini è che si informino le commissioni competenti, anche in modo secretato, sulle armi da inviare.

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Peccato che Giorgio Mulé, sottosegretario alla Difesa, ha chiarito che le informazioni rimangono segrete e che, per ora, il Parlamento non avrà le risposte richieste. Il motivo? “Non dare vantaggio agli avversari”, dicono dalla Difesa. Il Governo si renderà disponibile quando sarà venuta meno l’esigenza di riservatezza. Peccato che negli altri Paesi le cose siano ben diverse.

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Chiara Feleppa