ESCLUSIVA – Rampelli: “L’Africa non ha bisogno di corridoi umanitari”

In esclusiva per notizie.com, il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, ha commentato l’emergenza umanitaria in Ucraina, la situazione migratoria e la risposta dell’Europa a Putin.

Fabio Rampelli
ANSA/Riccardo Antimiani

L’Ucraina è uno dei Paesi europei con la più bassa percentuale di vaccinati. L’esodo degli ucraini potrebbe dunque comportare una nuova ondata di Covid in Europa e in Italia. In che modo dovremmo affrontare tale situazione?

Penso che l’Italia abbia comunque un dovere di accoglienza che prescinde dalla dinamica del Covid, e dunque la deve contemplare. Ci sarà una emergenza legata all’aggressione militare ai danni della popolazione ucraina, a cui i popoli liberi devono rispondere con una capacità di accoglienza, di integrazione, di solidarietà. Ovvio che, una volta che i profughi ucraini sono stati intromessi nei confini italiani, dovranno poi rispettare tutte le procedure anti-Covid che coinvolgono i cittadini italiani; quindi, dovranno essere sottoposti a ogni forma di profilassi, di accertamento e di vaccinazione.

L’Europa si sta mostrando unita e solidale verso i profughi ucraini. Come mai non sono stati creati allo stesso modo corridoi umanitari e “corsie preferenziali” per i profughi provenienti dal Nord Africa?

Nel Nord Africa non mi risulta che ci siano guerre. Il corridoio umanitario è una sorta di lasciapassare che viene emesso nei confronti delle popolazioni che fuggono dai bombardamenti e quindi che sono in condizioni oggettive di rifugiati. In Africa c’è un fenomeno molto diverso: i profughi sono una cosa, gli immigrati sono un’altra cosa. Gli immigrati sono coloro che fuggono da altre note dolenti, rappresentate dalla fame, della disoccupazione, dal sottosviluppo. Quindi, delle fragilità sociali e culturali che vanno assolutamente attenzionate da parte del mondo Occidentale ma non attraverso lo sfruttamento dell’Africa. Attraverso degli interventi tesi a superare queste difficoltà. Purtroppo, l’Occidente fa l’esatto opposto, perché finora ha utilizzato l’Africa per sfruttarla. Per sfruttarne le materie prime, per sfruttarne la manodopera a basso costo. Non ha fatto un passo o comunque non ha fatto passi convincenti per aiutare invece le popolazioni africane a emanciparsi, posto che in natura il continente africano è potenzialmente il più ricco del mondo, e quindi c’è qualcosa che non funziona se non riesce a valorizzare questa ricchezza e si trova sempre a essere conquistato attraverso successive devastazioni e condizionamenti, anche economici, da altre nazioni del mondo.

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L’Africa non ha bisogno di corridoi umanitari. L’Africa ha bisogno di essere lasciata in pace da un punto di vista dell’occupazione neoliberista e neocolonialista da parte del mondo occidentale, ma non solo. La Cina ormai ha messo radici in Africa. L’Africa ha bisogno semmai di ricevere aiuti per soccorrere quelle popolazioni in Africa e nel terzo mondo che non sono né abbastanza ricche né abbastanza robuste fisicamente per poter affrontare la traversata del deserto e la traversata del Mediterraneo. In Africa, non è un mistero, grazie al favorire clandestinamente e indirettamente questi traffici, questa nuova tratta di esseri umani, restano le persone più fragili, quelle più povere. Restano le donne, gli anziani, i bambini e i disabili, che sono meritevoli, al contrario, di vera solidarietà. Restano i più poveri, perché i più ricchi pagano il pizzo ai trafficanti di uomini e agli scafisti, per provare a raggiungere in maniera irregolare le coste meridionali dell’Italia, per poi immettersi nelle altre nazioni europee.

Fabio Rampelli
ANSA/Giuseppe Lami

Ritiene che le misure economiche volte a indebolire la Russia possano effettivamente far desistere Putin dalla sua missione, costringendolo ad abbandonare le sue mire espansionistiche per sedersi definitivamente al tavolo delle trattative?

Non so quanto possano essere efficaci queste sanzioni economiche, che tutti quanti sappiamo che hanno, da un lato, l’obiettivo di colpire la Russia, ma hanno il riflesso condizionato di colpire anche le nazioni che sono protagoniste di queste sanzioni. Però penso anche che, di fronte a un’aggressione come non si vedeva in Europa da decenni, sia indispensabile dare un segnale chiaro. Nella stessa Europa, di situazioni così complesse ce ne sono state e ce ne sono tuttora. Se vogliamo andare indietro nel tempo, molto indietro nel tempo, anche in Italia, la Sardegna e la Sicilia sono regioni a statuto speciale perché c’erano dei movimenti indipendentisti anche violenti. Gli schutzen in Alto Adige sono stati terroristi finché hanno colpito con le armi l’Italia. Non è che l’Austria è intervenuta con i carri armati per assicurarsi il dominio territoriale dell’alto Adige: sono intervenute delle soluzioni di carattere politico. I baschi dell’ETA, in Catalogna, in Spagna, sono stati una questione spagnola. La Spagna se l’è gestita con quota di autonomia e ovviamente anche con grande rigore e determinazione, per colpire i terroristi baschi. In Irlanda del nord, con l’IRA. Anche lì non è che sono intervenuti altri paesi per rinfocolare gli animi e dare manforte ai terroristi dell’IRA. Si è arrivati a delle soluzioni negoziali, diplomatiche. Fermo restando la feroce risposta dell’Irlanda e della Gran Bretagna a questi movimenti terroristici, poi sono arrivate delle parziali soluzioni politiche. Quindi, questa è la modalità che l’Europa ha conosciuto per conflitti e ostilità di carattere territoriale.

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Quello che invece è accaduto in Ucraina è molto diverso, a cominciare dalla Crimea e dalle due repubbliche del Donbass. Appartenendo questi territori geograficamente e istituzionalmente all’Ucraina, si dovevano intavolare dei negoziati per conferire maggiori diritti e maggiore autonomia. Certamente, non bisognava né agire di forza per dichiarare l’annessione della Crimea, come è accaduto, né tantomeno foraggiare e costruire, di fatto, una sorta di terrorismo antiucraino e filorusso che ha comunque fatto collezionare, ahimè, oltre 10.000 morti. 3.500 civili, 4.500 soldati dell’esercito regolare ucraino e 6.500 terroristi russi, ovviamente armati da Putin. Quindi, diciamo che questa modalità l’Europa l’ha conosciuta in passato, ha cercato di estirparla, e a questa modalità però non si è attenuto Putin. Quindi, di fronte a un’invasione militare studiata a tavolino, io penso che l’Europa e il mondo occidentale, non dovendo e non potendo reagire militarmente, l’unica cosa che poteva fare intanto era mettere in campo delle sanzioni efficaci, pur rischiando di avere delle conseguenze a proprio danno. Secondariamente, cercare di aiutare un popolo libero, una nazione libera e indipendente, che ha introdotto nella sua costituzione la sovranità e l’indipendenza dal 1991. Quindi, tornando a essere una nazione libera dopo la dominazione sovietica. Dobbiamo aiutare questo popolo a rimanere in sintonia con questo spirito di libertà, che ogni popolo dovrebbe poter rivendicare per sé stesso.

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