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Cronaca

Il Papa ha risposto all’invito in Ucraina da parte del sindaco di Kiev

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Francesco Gnagni

Il sindaco di Kiev Vitaly Klitschko ha invitato Papa Francesco a recarsi in visita nella capitale ucraina. Poco dopo è arrivata la risposta da parte del Pontefice. 

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Il sindaco di Kiev Vitaly Klitschko, ex pugile in questi giorni fotografato sui media di tutto il mondo per la sua resistenza contro l’esercito russo, ha inviato una lettera a Papa Francesco con l’invito a recarsi in visita nella capitale ucraina.

La risposta del Papa alla lettera del sindaco di Kiev

“Crediamo che la presenza di persona dei leader religiosi mondiali a Kiev sia la chiave per salvare vite umane e aprire la strada alla pace nella nostra città, nel nostro Paese e oltre”, ha scritto il politico nella lettera inviata al Pontefice e datata 8 marzo. “Se un viaggio a Kiev non è possibile, chiediamo gentilmente una videoconferenza congiunta, da registrare o trasmettere in diretta“, è stata la richiesta di Klitschko.

Un invito, quello contenuto nella missiva, confermato dal nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas. Nella lettera si legge anche: “Ci appelliamo a Lei, come leader spirituale, perché mostri la Sua compassione, e stia con il popolo ucraino diffondendo insieme l’appello alla pace”.

Nel primo pomeriggio è così arrivata la risposta del Pontefice, diffusa dal Direttore della Sala Stampa Matteo Bruni in un messaggio rivolto ai giornalisti. “Il Santo Padre ha ricevuto la lettera del sindaco della Capitale ucraina ed è vicino alle sofferenze della città, alla sua gente, a chi ne è dovuto fuggire e a chi è chiamato ad amministrarla”, scrive Bruni.

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“Prega il Signore che siano protetti dalla violenza. E per loro e per tutti ribadisce l’appello fatto domenica scorsa con la Preghiera dell’Angelus: “Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri”.

Resta quindi ancora in sospeso l’ipotesi di un viaggio del Papa in terra Ucraina. Si tratterebbe di una mossa a dir poco delicata, in cui Francesco entrerebbe direttamente all’interno delle dinamiche del conflitto, per questo non ha dato una risposta precisa al politico ucraino. Lasciando tuttavia le porte aperte rispetto a quella che il Pontefice giudicherà come la mossa migliore per cercare di trovare una mediazione dentro quello che domenica ha definito un inaccettabile massacro.

Già lo scorso 26 febbraio, non appena è scoppiato il conflitto, Bergoglio aveva telefonato al presidente ucraino Zelensky esperimendo “profondo dolore per il suo Paese”. Il presidente ucraino in quell’occasione spiegò: “L’ho ringraziato per la sua preghiera per la pace e il cessate il fuoco”, mentre dal profilo Twiitter di Francesco si leggeva che “all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno”.

Il drammatico appello: “Corridoi umanitari per seppellire i morti”

Dopo 19 giorni di conflitto le cose si fanno inevitabilmente molto più drammatiche, e la Chiesa sta continuando a mobilitarsi sotto diversi punti di vista, tanto della preghiere e delle manifestazioni pubbliche e nelle parrocchie di tutta Italia, quanto nella carità concreta, con numerosi operatori della Caritas impegnati tanto nel territorio ucraino quanto in Italia e in tutti i Paesi europei per accogliere i tanti profughi che sta causando il conflitto.

Nel mentre, nelle stesse ore in cui il Papa rispondeva al conflitto ucraino è arrivato attraverso l’agenzia stampa della Cei l’appello di due sacerdoti ucraini, il cappellano militare padre Andriy Zelenskyy, e padre Mykhajlo Melnyk, sacerdote della diocesi di Kamienets-Podilskyi della Chiesa greco-cattolica ucraina, a favore dei corridoi umanitari.

“Si facciano corridoi umanitari anche per dare sepoltura ai morti”, hanno tragicamente affermato i due, parlando della terribile emergenza di corpi senza vita lasciati per le strade delle città blindate e circondate, in mezzo a mucchi di macerie, e che non sono potuti ritornare ai loro cari per avere una degna sepoltura.

Un edificio colpito dagli attacchi russi in Ucraina (Ansa)

Abbiamo città qui in Ucraina che sono diventate cimiteri a cielo aperto. I missili russi stanno massacrando la nostra popolazione, stanno bruciando le nostre città. Nella sola città di Mariupol si contano oltre 2mila morti ma anche le città vicino Kiev, come Irpin e Bucha, sono circondate dai soldati russi che non ci permettono di raccogliere i cadaveri per seppellirli”, ha affermato padre Melnyk.

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“Il diritto internazionale prevede in situazioni di emergenza corridoi umanitari per il passaggio in sicurezza delle persone e degli aiuti. Noi chiediamo corridoi anche per i corpi dei civili e dei soldati morti perché possano essere seppelliti. C’è tra l’altro il rischio che questo elevato numeri di cadaveri non custoditi e con temperature che si stanno alzando possa scatenare epidemie”.

Un discorso altamente drammatico che vale anche per i giovani russi caduti nella guerra scatenata in Ucraina. “Anche le mamme russe hanno il diritto di raccogliere e dare l’ultimo saluto ai loro figli“, ha continuato il sacerdote. “Auguro che la Chiesa ortodossa di Mosca e soprattutto il patriarca Kirill facciano pressione perché i corpi dei soldati possano tornare a casa, dalle loro mamme. È un impegno di carità e rispetto cristiano”.

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