Secondo l’indagine effettuata da Censis e Confcooperative, a rischio ci sono 184 mila imprese
“La fiammata dell’energia, prima, e la crisi provocata dalla guerra, poi, rischia di incenerire il 3% del Pil nel 2022. Un macigno che potrebbe mandare in default 184.000 imprese che danno lavoro a 1,4 milioni di persone”. A dirlo il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini. Le stime sono fornite dal report “La Guerra dell’energia”, elaborato dal Censis per Confcooperative sull’analisi dei dati del Fmi.
Secondo l’indagine effettuata da Censis e Confcooperative, a rischio ci sono 184 mila imprese con almeno tre addetti al loro interno. Le aziende più a rischio sono le imprese dei servizi tra grandi (20,5%) e piccole (21,3% nella classe 3-9 addetti). In totale, sono coinvolti quasi 1,4 milioni di lavoratori (il 10,5% sul totale) che rappresentano il 10,9% del valore aggiunto del sistema produttivo. Nel primo semestre di quest’anno, il 29,8% delle imprese italiane – oltre 285 mila, di cui 221 mila attive nel terziario – già non è in grado di recuperare i livelli di capacità produttiva precedenti la pandemia.
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Il 61,7% è tornato già ad un regime produttivo in linea con i livelli pre pandemia mentre circa 82 mila imprese hanno registrato un incremento della capacità produttiva rispetto a due anni fa, superando la crisi. Secondo il Fondo monetario internazionale, una serie di eventi rischia di travolgere il sistema economico, a partire dalle restrizioni alle attività produttive, alla mancanza di materie prime ed energia e all’inflazione. Nel 2021, il Paese ha già perso un punto e mezzo di Pil. Le stime più recenti del Pil italiano, rilasciate da istituzioni e agenzie internazionali, si attestano intorno al 4% per il 2022 e variano fra il 2,2% e il 2,6% per il 2023.
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“Misure di guerra”
“Per il caro energia il Fmi, nel periodo prebellico, aveva stimato una contrazione del Pil pari all’1,5% a cui vanno aggiunti gli effetti della guerra che rischiano di costarci almeno un altro 1,5% di Pil tra rincari delle materie prime, difficoltà negli approvvigionamenti, mancato export verso la Russia, chiusura dei flussi turistici e peggiorate condizioni per la circolazione delle merci”, spiega Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. La guerra ha peggiorato le cose: “È un’economia di guerra, occorrono misure di guerra”,
afferma Gardini secondo cui le imprese potrebbero compensare il caro energia con i crediti che vantano nei confronti della P.a. e che ammontano a circa 60 miliardi di euro.