E’ stata emessa dalla Corte d’assise d’Appello di Roma la sentenza nei confronti di Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, i due ragazzi americani responsabili dell’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. Possibile nei prossimi giorni un ricorso in Cassazione.
E’ una sentenza destinata a creare diverse polemiche quella della Corte d’Appello di Roma sull’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. I giudici di secondo grado, infatti, hanno riconosciuto le attenuanti ai due ragazzi americani e non confermato l’ergastolo deciso dai colleghi di primo grado.
Al termine di una camera di consiglio durata per tre ore, i giudici hanno deciso di condannare a 24 anni di carcere Finnegan Lee Elder e a 22 Gabriel Natale Hjorth. Una sentenza che non accoglie le richieste da parte della Procura (ergastolo per il primo e 24 anni di carcere per il secondo) e soprattutto ribalta, come detto, quanto deciso in primo grado.
Nei prossimi giorni saranno comunicate le motivazioni. I legali di Hjorth hanno confermato la volontà di ricorrere in Cassazione. Vedremo se la stessa scelta sarà fatta dagli avvocati di Elder e della stessa famiglia di Cerciello Rega.
Una sentenza di secondo grado che non soddisfa pienamente neanche i legali dei due ragazzi americani. “Che schifo – le prime parole dell’avvocato di Elder riportate da La Repubblica – contiamo sempre sull’esistenza di un giudice a Berlino e uno a Strasburgo. Quello che è successo qui è davvero indegno. Restano le bugie del testimone principale (il collega di Cerciello Rega ndr) e queste ancora vengono ignorate“.
Non soddisfatto anche i legali dell’altro ragazzo statunitense. “Registriamo un assoluto cambio di rotta rispetto alla sentenza di primo grado – hanno detto gli avvocati ai microfoni dell’Adnkronos – ma non possiamo non ribadire l’estraneità del nostro assistito ai fatti di quella notte. Gabriel Natale non avrebbe mai potuto prevedere che, quello che dal Procuratore Generale è stato definito come uno stupido gioco, avrebbe potuto concludersi in quel modo. Ricorreremo in Cassazione fiduciosi del riconoscimento dell’innocenza del nostro assistito“.