Il Papa ha promulgato la nuova Costituzione apostolica con cui formalizza la riforma della Curia Romana. Diversi gli accorpamenti e le modifiche, ma spicca su tutti un “principio generale”.
Prosegue il processo di riforma della Santa Sede avviato da Papa Francesco. Il Pontefice ha promulgato la Costituzione apostolica Praedicate evangelium sulla Curia romana, un testo che contiene molte delle riforme attuate negli anni del suo Pontificato. La pubblicazione è avvenuta quindi nel giorno di San Giuseppe, e questa entrerà in vigore il prossimo 5 giugno, Solennità di Pentecoste.
L’idea che soggiace alla nuova Costituzione è quella di una struttura più “missionaria” della Curia romana, affinché possa essere al servizio delle Chiese locali e dell’evangelizzazione. Tra i vari aspetti della Costituzione, spicca l’unione di Propaganda Fide e del Pontificio Consiglio per la nuova Evangelizzazione, sotto la guida del Papa stesso, mentre i due capi dicastero diventano entrambi pro-prefetti.
La Costituzione è frutto di un lungo percorso di ascolto iniziato prima del Conclave del 2013, e di un lungo lavoro collegiale che ha coinvolto il Consiglio dei Cardinali nominato da Francesco, e sostituisce la “Pastor bonus” di Giovanni Paolo II promulgata nel giugno 1988. Questa sancisce così un percorso di riforma già ampiamente messo in atto da Bergoglio, con accorpamenti e aggiustamenti oltre che con la nascita di nuovi Dicasteri.
La Costituzione istituisce poi il Dicastero per il Servizio della Carità, rappresentato dall’Elemosineria Apostolica, che assume così un ruolo più significativo nella Curia. Questo, scrive Vatican News, “è un’espressione speciale della misericordia e, partendo dall’opzione per i poveri, i vulnerabili e gli esclusi”.
Tra i vari altri accorpamenti, una parte fondamentale del documento riguarda i principi generali in cui si ricorda “che ogni cristiano è un discepolo missionario”, compresi i “membri della Curia Romana”, e che in forza di questo “tutti – e dunque anche fedeli laici e laiche – possono essere nominati in ruoli di governo della Curia romana, in forza della potestà vicaria del Successore di Pietro”.
“Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un discepolo missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù. Non si può non tenerne conto nell’aggiornamento della Curia, la cui riforma, pertanto, deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità”, è quanto si legge nel documento.
Infine, da ultimo il Papa ha stabilito che “per i chierici e i religiosi in servizio nella Curia romana il mandato è quinquennale e può essere rinnovato per un secondo quinquennio, concluso il quale essi tornano alle diocesi e alle comunità di riferimento”.