La tesi della debolezza occidentale preannuncia una risposta in Ucraina?

La colpa dell’Occidente di fronte alla tanti crisi innescate negli ultimi anni sarebbe quella di una presunta debolezza, che avrebbe dato adito, da ultimo, all’attacco russo in Ucraina. Ma cosa c’è dietro?

putin
(Ansa)

In queste settimane si è parlato spesso degli errori compiuti dalla Nato rispetto alla Russia che avrebbero innescato la risposta violenta dello “zar” Putin. La Nato si è effettivamente ampliata, e molti dei Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia vi sono entrati, senza tuttavia mai minacciare Mosca, ma anzi facendo scendere di molto il numero delle testate nucleari della Nato sul territorio europeo.

La debolezza occidentale che ora “giustifica” una risposta

Tuttavia, scrive il Corriere della Sera, le colpe occidentali sarebbero altre e ben più gravi. Tra queste, scrive Danilo Taino, il “fare spallucce” all’attacco della Georgia nel 2008 da parte di Putin, accusando il presidente georgiano di essere il colpevole delle ostilità. Un’altra colpa sarebbe legata per il principale quotidiano nazionale alla Siria, quando nel 2013 i militari secondo dli Stati Uniti di Obama avrebbero usato armi chimiche in un quartiere di Damasco controllato da forze ribelli, e gli Usa non intervennero.

Poi nel 2014, con l’annessione russa della Crimea e la creazione delle due regioni separatiste, a cui fecero seguito soltanto alcune leggere sanzioni. Infine ancora in Siria nel 2016, con il bombardamento di Aleppo da parte russa, a cui fecero seguito numerose e misteriose morti o incarcerazioni di oppositori del regime russo, come l’attivista Anna Politkovskaja o Alexei Navalny.

Ma il campo si potrebbe, per Taino, allargare anche all’estremo Oriente, vale a dire a Hong Kong, quando alla distruzione della metropoli da parte di Pechino seguirono, anche lì, solamente alcune “pallide” sanzioni da parte occidentale. Lo stesso per le “provocazioni” di Erdogan verso l’Europa, che al contrario invece di sanzionarlo regalò ingenti somme di denaro per tenersi i migranti che fuggivano dalle zone di guerra.

Nel mentre, il Medio Oriente continuava infatti imperterrito il suo percorso di “destabilizzazione”, e qualcuno ha pensato che fosse solamente un problema di Israele. Non era così, ma le Nazioni Unite risposero sempre con deboli proteste e con una voce flebile. 

Tutte situazioni che avrebbero quindi fatto pensare a Putin di trovarsi davanti un “nemico” debole, incapace di rispondere, e che lo avrebbe così spinto all’invasione ucraina. Una tesi che certamente non si ritrova nella linea di coloro che non pensano che alla guerra si risponde con altra guerra, ma che fa il paio con il realismo dei governi che stanno guardando al drammatico attacco di Putin inviando, e fortunatamente per ora solo quelle, armi in Ucraina. Ma che cominciano a ragionare sul passaggio successivo.

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