Mentre milioni di persone scappano, c’è chi rimane ad aiutare la popolazione. Sono sacerdoti, religiosi e suore. La testimonianza da Kiev: “Siamo con il nostro popolo in pericolo”.
Sono quasi 3 milioni e mezzo i profughi che hanno lasciato l’Ucraina dal 24 febbraio, data di inizio della guerra. Il dato, secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato il 20 marzo sul sito dell’Agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR), descrive un’emergenza umanitaria senza precedenti. Un esodo dalle dimensioni imponenti, che cresce in via esponenziale e non arresta a fermarsi. Alle persone che sono riuscite a varcare i confini si sommano, inoltre, gli sfollati all’interno del territorio ucraino e le oltre 12 milioni di cittadini bloccati nelle aree flagellate dal conflitto. Sono i Paesi confinanti all’Ucraina ad assorbire il flusso maggiore di profughi: a guidare la classifica è la Polonia, che ha accolto più di 2 milioni di persone. Seguono la Romania con oltre 510 mila, la Moldavia con quasi 360 mila, l’Ungheria che sta per toccare quota 300 mila e la Slovacchia con 240 mila. Per quanto riguarda l’Italia, come fa sapere oggi il Viminale, sono circa 60 mila gli ucraini entrati sul territorio nazionale, per oltre il 90% donne e bambini.
Mentre in tanti cercano di fuggire, altri restano per aiutare coloro che non possono scappare. Tra questi i sacerdoti, i religiosi e gli operatori della diocesi cattolica di Kiev-Zhytomyr guidata da monsignor Vitalii Kryvytsky, che comprende la Capitale e le aree vicine, tra gli obiettivi al centro dell’offensiva russa. “Non possiamo essere da nessun’altra parte”, ha affermato il presule. “Villaggi e città sono in uno stato di disastro umanitario. Molti cittadini non hanno acqua e cibo. Ci sono molti civili e soldati feriti ogni giorno, i residenti di Kiev hanno donato quantità record di sangue”, ha raccontato padre Mateusz Adamski alla Fondazione pontificia ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’. “Anche le suore, che rimangono nella diocesi di Kiev-Zhytomyr, sono diventate donatrici”, ha aggiunto.
“Queste settimane di guerra in Ucraina sono state le più dure e le più tragiche della storia moderna. La missione umanitaria e il volontariato sono ora in pericolo a causa del rischio immediato per la vita, ma noi come Chiesa di Cristo siamo con il nostro popolo in pericolo, bisognoso, vulnerabile, spaventato, ferito e debole”, ha sottolineato il sacerdote ucraino. A sottolineare la presenza della Chiesa in Ucraina è stato lo stesso Papa Francesco. “Alla popolazione rimasta sotto le bombe non manca la vicinanza dei Pastori, che in questi giorni tragici stanno vivendo il Vangelo della carità e della fraternità”, ha detto il Pontefice nel corso dell’Angelus. Francesco ha poi ringraziato tutti coloro che stanno aiutando “tanta gente disperata” e ha rivolto un pensiero particolare al nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas, rimasto a Kiev con i suoi collaboratori e che “con la sua presenza mi rende vicino ogni giorno al martoriato popolo ucraino”.