Sul tema delle spese militari il governo rischia una vera e propria spaccatura. Dall’altro lato, non solo i continui richiami del Pontefice ma anche una “Santa alleanza” politica.
Il presidente grillino Giuseppe Conte si è detto infatti pronto a votare contro l’aumento delle spese militari, spingendosi fino alla caduta dell’esecutivo, minacciando di fare cadere l’esecutivo anche davanti alla contrarietà di molti dei suoi parlamentari che non condividono l’ultimatum. D’altronde, le simpatie del leader di Volturara Appula Oltretevere sono ben note, e Papa Francesco è stato da giorni molto chiaro.
A dispetto di chi voleva arruolarlo tra i sostenitori della resistenza ucraina armata, Papa Francesco ha definito una “pazzia” l’aumento delle spese militari in un contesto come quello attuale, in cui il rischio di escalation aumenta ogni giorno. In ogni caso, il premier Draghi non ne vuole sapere e tira dritto, affermando che il nostro Paese “rispetterà l’impegno preso con la Nato”.
L’intenzione di Draghi è infatti quella di aumentare le spese militari dall’1,3 per cento al 2 per cento del Pil, come negli obiettivi prefissati dalla Nato. Questo si tradurrebbe per l’Italia in un investimento di 13 miliardi l’anno in più sul settore della Difesa, e già alla Camera è passato un ordine del giorno firmato da tutti i partiti.
Di fronte alle parole di Draghi Conte ha rilanciato con un’intervista sul quotidiano La Stampa in cui ha affermato di non potere “assecondare un voto che individuasse come prioritario l’incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio”, spiegando che “il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro”.
Dietro le parole di Conte sono subito arrivate quelle del sottosegretario all’interno Carlo Sibilia o dell’ex reggente Vito Crimi a supporto, ma in realtà dentro il Movimento c’è tutt’altro che sintonia su questo tema. Molti fanno notare che lo stesso Conte aveva alzato le spese militari durante il governo da lui guidato, nel 2020 e nel 2021. In particolare gli aderenti all’ala più atlantista vicina al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Così dopo una discussione interna subito i grillini hanno optato per il retro-front, scegliendo di non proseguire con alcun ordine del giorno contro le spese militari.