La Procura di Roma ha chiuso lâindagine sulla maxifornitura di mascherine provenienti dalla Cina ad inizio pandemia. Ecco la decisione sullâex commissario Arcuri.
La Procura di Roma ha chiuso lâindagine sulle mascherine arrivate dalla Cina durante la prima ondata della pandemia. Come riferito dallâAdnkronos, sono dieci le persone che rischiano il processo e tra loro câè anche lâex commissario straordinario Domenico Arcuri.
Nel campo di imputazione, riportato sempre dallâagenzia di stampa citata da Il Tempo, è precisato che âArcuri, nella qualitĂ di commissario straordinario, Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento delle aggiudicazioni delle forniture, in concorso per mutuo accordo con Vincenzo Tommasi, costituivano unâillecita posizione di vantaggio patrimonialeâ.
Secondo la Procura, quindi, âi tre riuscivano ad avere un rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilitĂ sul risultato dellâazione e sulla validitĂ della forniture che procuravaâ. Nei prossimi giorni toccherĂ al Gip decidere se rinviare a giudizio lâex commissario e gli altri dieci indagati oppure ci sarĂ lâarchiviazione di qualche posizione.
Come si precisa nel documento della Procura, tra gli indagati câè anche lâimprenditore Benotti. Secondo lâaccusa âil manager sfruttava i suoi ottimi rapporti con Arcuri per ottenere unâesclusiva in via di fatto nellâintermediazione delle forniture dei dispositivi di protezione e delle mascherine chirurgicheâ.
Si tratta di posizioni che, come detto in precedenza, saranno vagliate dal Gip nei prossimi giorni e toccherĂ a lui decidere se accettare la richiesta di rinvio a giudizio che avanzerĂ la Procura oppure archiviare la posizione di tutti o di alcuni indagati.
In attesa di capire come si evolverĂ questa indagine dal punto di vista giudiziario, la Procura di Roma ha definitivamente chiuso lâinchiesta che riguardava affidamenti per un valore superiore al miliardo di euro per lâacquisto di 800 milioni di mascherine dalla Cina. Dispositivi di protezione che, come ha dimostrato lâindagine, non rispettavano le norme e, di conseguenza, mettevano a serio rischio la salute dei cittadini in un momento molto difficile come la prima ondata pandemica.