Le storie e le immagini della guerra che stanno facendo commuovere e discutere. Dalla bimba nel bunker alla cerimonia sotto le bombe
Sono tante le storie e le immagini che della guerra in Ucraina stanno colpendo l’opinione pubblica. Dall’ormai famoso “ponte dei giocattoli”, che collega la città ucraina di Solotvino a quella romena di Sighetu costellato di piccoli doni per donare un sorriso ai bimbi in fuga, alla storia della piccola Amelia Anisovych, diventata famosa per aver cantato “Let it go” di Frozen in un bunker di Kiev e poi salita sul palco di un concerto benefico in Polonia per intonare l’inno ucraino davanti a decine di migliaia di persone.
Così come sta emozionando la rete internazionale di accoglienza per mettere in salvo i profughi dalle bombe e dalla violenza: dalle famiglie che aprono le porte delle loro case per accogliere chi scappa ai tantissimi convogli di aiuti umanitari in partenza da tutta Europa per dare sollievo alla popolazione in sofferenza. Ma ci sono anche le storie di chi ha deciso di restare in Ucraina per aiutare chi non può o non vuole andare via. È il caso di don Lucas Perozzi, missionario brasiliano, che ha scelto di rimanere a Kiev nonostante abbia la possibilità di lasciare il Paese in ogni momento. Dall’inizio della guerra ha ospitato, insieme ad altri tre sacerdoti, circa trenta persone nella parrocchia della Dormizione della Beata Vergine Maria nella capitale ucraina.
Terrorizzati e spaventati, il dramma degli ucraini
“In questo tempo di guerra la gente non poteva restare nelle proprie case e ha trascorso le notti nei bunker e nelle stazioni della metropolitana. È stato terribile perché questi posti sono freddi, sporchi e l’atmosfera è molto buia. Erano spaventati, terrorizzati. Chi è venuto a stare da noi ora può dormire tutta la notte, in un’atmosfera tranquilla, nonostante la guerra. C’è solidarietà fraterna qui, le persone si aiutano a vicenda”, spiega don Lucas. Il sacerdote, che si è formato nel Seminario Missionario Diocesano Redemptoris Mater di Kiev, ha raccontato come le persone non abbiano bisogno solo di una sistemazione d’emergenza, di un rifugio e di assistenza materiale ma anche di sostegno spirituale. È per questo che sono migliaia i sacerdoti e religiosi che hanno deciso di rimanere al fianco del popolo ucraino e che stanno portando avanti l’attività pastorale della Chiesa.
La gioia sotto le bombe. La guerra non ferma gli sposi
“Ieri abbiamo avuto un matrimonio e oggi ne celebriamo un altro”, è la testimonianza commossa di padre Lucas in una conversazione con la Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre. “È impressionante, perché i fedeli vengono e ci chiedono di sposarsi, anche se sanno che non possiamo preparare nulla di speciale. Non hanno illusioni romantiche, vogliono vivere questi giorni in grazia di Dio, come una famiglia. Anche in mezzo alla guerra, possiamo vedere che Dio è amore, continua ad amare ognuno di noi senza limiti”, ha concluso il sacerdote.