Il tecnico, tornato virale dopo l’eliminazione contro la Macedonia del Nord, conferma quanto detto nel 2017 durante lo spareggio con la Svezia: “Non è cambiato nulla, colpa del sistema. La sorpresa è stata vincere l’Europeo”.
Dentro al Sistema, eppure fuori dal… sistema. L’Italia eliminata, fallimento-bis nel giro di 5 anni: la Macedonia del Nord il nome della nuova Svezia. Sul web, dopo la seconda mancata qualificazione di fila ai mondiali, sono ri-diventati virali i video di vecchie conferenze dell’allenatore Sandro Pochesci. Voce fuori dal coro, la sua. Quello del 2017, a dire il vero, fu un grido che mise in evidenza molte lacune del calcio italiano. Troppo basato sui soldi, poco sulla qualità dei calciatori. Il tecnico ha parlato in esclusiva a notizie.com e ha commentato la nuova débâcle azzurra. Parte da lontano…
Mister, cosa ne pensa dell’eliminazione dell’Italia?
“La sorpresa è stata vincere l’Europeo. Non andare per la seconda volta consecutiva ai mondiali, invece, è la logica conseguenza di quanto fatto dai vertici del calcio. Non è stato cambiato nulla da quel novembre del 2017”.
Di chi è la responsabilità maggiore?
“La colpa è del sistema, il ct Mancini è l’ultimo dei responsabili. Gli ho inviato un messaggio poco dopo la sconfitta con la Macedonia del Nord, è la persona che ha meno colpe. Ha fatto bene a non dimettersi”.
Era stato profetico dopo Svezia-Italia…
“Non ho visto un cambiamento, ma sempre le solite poltrone. Nel calcio alcuni sono eterni. Come nella politica, d’altronde”.
Nel 2017 disse “la Svezia ci ha menato”. Giovedì a Palermo cosa è successo?
“Stavolta ci hanno proprio gonfiato! La Macedonia del Nord vale una squadra di serie D”.
Quali sono secondo lei i problemi del calcio italiano e i suoi fallimenti?
“Voglio partire dalla base: non c’è più chi insegna i fondamentali. Le scuole calcio sono diventate solo questioni di business. Troppi stranieri, troppi presidenti in mano a procuratori senza scrupoli. Le proprietà sono sempre più straniere, manca il senso di appartenenza. C’è una mancanza di riforme, senza contare la guerra che avviene tra le leghe di A, B e C”.
Possibile che in Italia i ragazzi non abbiano più la passione per il calcio come prima?
“Sapete cosa non c’è più? La strada. Quella era la vera palestra! La tecnologia ha portato i bambini a essere sempre più lontani della realtà. Ormai vivono in un mondo virtuale, fatto di meno sacrifici. Il calcio era uno sport popolare, oggi è diventato uno sport dove non gioca chi è più bravo, ma il più raccomandato. Prima soltanto in due avevano il posto assicurato: chi stava in porta e chi portava il pallone. Gli altri nove erano quelli più forti”.
Cosa è cambiato negli ultimi anni?
“Oggi nel mondo del calcio ci sono i figli degli sponsor, i figli dei presidenti e potrei continuare. Molti di questi bambini, tra l’altro, non accettano le raccomandazioni e alla fine preferiscono abbandonare oppure cambiare sport”.
Cosa servirebbe?
“Bisogna ritornare alle rose di prima. Serve un 80% di italiani in campo, di cui un 20% fatto da ragazzi del proprio settore giovanile in modo da valorizzarli. Il restante 20% aprirei agli stranieri, ma devono essere bravi… La Serie B, invece, la trasformerei in un campionato per giovani: soltanto il 25% della rosa con più di 25 anni”.
Nelle leghe inferiori?
“La Serie C deve essere un campionato per ragazzi al di sotto dei 21 anni con un massimo di 5 over 22. Infine i settori giovanili, vanno dati in mano a persone che hanno fatto calcio per 15 anni. Anche i presidenti dovrebbero frequentare un corso a Coverciano: servirebbe per regolamentare i comportamenti e poter rispettare le altre figure che fanno parte del calcio”.
Fronte allenatori: qualcuno è spinto più di altri?
“Anche nella mia categoria deve prevalere la meritocrazia. Un allenatore che retrocede deve ripartire dalla categoria in cui scende. Invece vedo certi tecnici che più falliscono e più trovano squadre di categorie superiori da poter allenare”.