Sulle spese militari si rischia il pasticcio e Conte non sembra disposto ad indietreggiare: il politologo nella sua analisi non usa mezzi termini.
Draghi è stato chiaro. Non sono consentiti troppi giri sull’approvazione delle spese miliari e l’aumento del Pil al 2%. Chi si attendeva una retromarcia di Conte, quasi scontata, dovrà al momento ricredersi.
Tutto lasciava pensare ad un passo indietro. Non solo l’eventualità di una crisi di Governo che in questa fase peserebbe come un macigno. Conte andando avanti per la sua strada rischia di perdere l’appoggio del Pd, che in una fase in cui i sondaggi per il Movimento non lo premiano, sarebbe un autogol clamoroso.
Se a questi dati si somma la gestione delle spese militari durante i suoi governi, sempre al centro del programma e gestita diversamente dai proclami fatti nell’ultima settimana, l’invito di conte a dialogare sul tema sembrava più una questione politica ed elettorale che un vero pericolo per il Governo.
La situazione per non è cambiata. Conte non molla, Draghi ha un problema in più, e Letta valuta le posizioni di Di Maio, che sul tema non ha le stesse vedute del leader dei pentastellati. Nella sua analisi sul Il Giornale, il politologo Gianfranco Pasquino ha chiarito molti aspetti sulla resistenza dell’ex Premier in tema di spese militari.
“Conte sta parlando a nome di una parte del Movimento neanche troppo grande. Un’altra guidata da Di Maio non sta con loro”. Gianfranco Pasquini, politologo e Professore emerito di Scienze Politiche all’università di Bologna, spiega tutto in maniera molto chiara in una intervista al Giornale. “Disconosce la storia – ha affermato – perché nel 2014 accettammo l’aumento delle spese militari e adempiano a quel compito”.
Cosa si rischia quindi ora? “Conte non sarà un nuovo Turigliatto, che come direbbe l’ucraino Trosky, è stato consegnato alla pattumiera della storia”. Il problema più grande però Conte lo ha in casa. Nel Movimento e nell’alleanza col Pd. “Letta sarà chiaro con lui. Un conto è differenziarsi, mettere in crisi l’alleanza è diverso. Da solo non va oltre il 15%”. Anche il Pd però ha di lui. Pasquino è chiaro. “La scelta è in parte in mano a Conte e in parte agli elettori. Se Conte si distanzia troppo dal M5s, parte dell’elettorato potrebbe decidere che i dem sono più affidabili, che peraltro è vero”.
Sbuca quindi il dualismo interno con Di Maio, che per il Pd potrebbe essere un interlocutore migliore. “Lo è già, e con Letta ha relazioni migliori di quelle che ha Conte”. Resta quindi il problema interno al movimento sulla leadership. “Conte è stato rieletto – chiude il professore Gianfranco Pasquino -, ma queste votazioni online non esprimono la popolarità e l’autorevolezza del leader”. Serve quindi una svolta immediata. “La sinistra non è divisa sul riarmo, ma deve capire da che parte stare. Dire che bisogna capire le ragioni della Russia in una invasione così brutale è una operazione perdente. Il guerrafondaio è Putin non Zelensky”.